Coraggio, sprezzo del conformismo e del pericolo, e soprattutto un senso

di urgenza. Il tempo stringe, il Medio Oriente assedia i cristiani che

cercano una nuova strategia di salvezza di fronte allo jihadismo

montante. Pensavano che l’Occidente sarebbe corso al loro salvataggio,

poi l’illusione è caduta. I cristiani, come degli ebrei, sono in Medio

Oriente nemici da battere, da eliminare.”Ci perseguitano fino

all’omicidio sistematico, ci bruciano le chiese e i monasteri” denuncia

Shady Hallul, cristiano maronita che vive ai confini del Libano. Non è

più il tempo del panarabismo, le prediche dei clerici indicano la strada

della violenza. Adesso ogni giorno in Siria, in Iraq, in Libano e più

lontano, nel mondo musulmano, i cristiani sono la vittima predestinata e

la prossima venuta del Papa in Medio Oriente li spinge a parlare forte e

chiaro: almeno dove po ssono, dove c’è libertà di farlo, in Israele:

“Vogliamo che i giovani cristiani di questo Paese siano completamente

integrati nella società “dice a Nazareth severo e autorevole nella sua

veste dagli orli dorati e l’alto cappello nero padre Gabriel Nadaf, un

prete e leader Greco Ortodosso, il bel viso molto corrucciato.

 

E’giudice della corte religiosa, ex portavoce del patriarca greco in

Israele e prete attivo a Haifa, Acco, Nazareth. “Vogliamo porre fine

alla menzogna che ci definisce arabi. Non lo siamo: siamo cristiani

israeliani, non arabi israeliani. Per 65 anni ci hanno raccontato questa

menzogna. Noi siamo di stirpe cristiana, dopo gli ebrei la più antica

nell’Area. Soggiogati e spesso convertiti con la forza, ci siamo

adeguati alla richiesta di essere uno scudo e un cavallo di troia. Gli

arabi, persino i parlamentari eletti, dai banchi della Knesset

disprezzano la loro incredibile fortuna, vogliono la guerra contro

Israele, mentre ricevono assicurazio ni, pensione, stipendi alti e,

soprattutto, libertà. Sanno che questa libertà c’è solo qui, ma

minacciano Israele di morte, e dicono di difendere musulmani e

cristiani. Ma contro chi?Noi abbiamo bisogno di essere difesi da loro,

che ci aggrediscono e ci perseguitano. Cosa siamo noi? Cristiani

israeliani. Come i cristiani italiani, o americani, o in qualsiasi altro

Paese del mondo… noi siamo puramente israeliani”.

 

Gabriel Nadaf vive con la moglie e due figli a Nazareth, solo il 20 per

cento della popolazione è cristiano: “Vivo in mezzo al fuoco”, spiega il

rischio che corre ogni volta che esce.”Ci vuole coraggio” consente, ma è

deciso a andare fino in fondo:”Il nostro futuro è intrecciato con quello

di Israele. Immaginiamoci che i nemici di questo Paese avessero la

meglio: sarebbe la fine per tutti i cristiani dell’Area. Dunque, non ci

limitiamo a chiacchierare, agiamo, combattiamo nell’esercito israeliano:

come cittadini con eguali diritti e doveri, vogliamo che i nostri

giovani servano nell’esercito d’Israele come tutti gli altri”.

 

Un’autentica rivoluzione. Padre Nadaf, il cui braccio destro è un

energetico cristiano maronita senza paura, Shady Hassan, paracadutista

che oggi serve nelle riserve e vive sul confine del Libano, ha fondato

un “Forum per il reclutamento della comunità cristiana”. Uno scandalo

concettuale senza remissione: uno dei due figli di Nadaf è stato

addirittura rapito e poi rilasciato dopo che gli è stata rotta una mano,

ma il ragazzo, diciassette anni, è sempre più deciso a servire

nell’esercito. La maggiore obiezione è di essere traditori pronti a

puntare le armi sui loro fratelli arabi. Hadash e Balad, i due partiti

arabi, hanno lanciato i loro anatema. Il membro del parlamento Basel

Ghattas è stato denunciato per aver incitato alla violenza contro padre

Nadaf. “Non chiamateci arabi, è uno svisamento storico che dimentica che

in Terra Santa, nel grande giuoco del “prima e del “dopo”, noi eravamo

qui ben prima dell’invasione islamica che ne costrinse parte a

convertirsi, e parte a lasciarsi irretire in un giuoco che è durato fino

a ieri. Io sono solo un cristiano aramaico”, dice Shady Hallul e mi

recita il “Padre nostro” in aramaico, come lo recitava l’ebreo Gesù. Ma

la cosa più importante è l’esercito, il vero segnale di appartenenza

senza scherzi, senza rinvii. “Il Papa è benvenuto, è una grande

personalità, speriamo tuttavia che cessi dal linguaggio diplomatico e

passi a quello della difesa dei cristiani: deve parlare contro l’odio

omicida, deve spingere l’Unione Europea a difendere davvero i diritti

umani non a chiacchiere, ma nella realtà”.

 

Nazareth è una difficile casbah “Non abbiamo paura di niente, persino

tante ragazze” -dice Nadaf- “vogliono entrare nelle unità combattenti,

alcune già ci sono”.”In Israele siamo 160mila cristiani. In un

anno”-dice entusiasta Shadi- “da 35 ragazzi che si arruolavano ogni

anno, siamo arrivati a 100, di questi 10 sono ragazze! Abbiamo bisogno

di tutto per sostenere i ragazzi e le loro famiglie, quando si arruolano

nell’esercito o nel servizio civile e quando ne escono. Li aspetta un

mondo grande, ostile, pericoloso. Solo la fede e l’aiuto di tutto il

mondo può sostenerli”.

 

Art. tratto dal Giornale

Coraggio, sprezzo del conformismo e del pericolo, e soprattutto un senso

di urgenza. Il tempo stringe, il Medio Oriente assedia i cristiani che

cercano una nuova strategia di salvezza di fronte allo jihadismo

montante. Pensavano che l’Occidente sarebbe corso al loro salvataggio,

poi l’illusione è caduta. I cristiani, come degli ebrei, sono in Medio

Oriente nemici da battere, da eliminare.”Ci perseguitano fino

all’omicidio sistematico, ci bruciano le chiese e i monasteri” denuncia

Shady Hallul, cristiano maronita che vive ai confini del Libano. Non è

più il tempo del panarabismo, le prediche dei clerici indicano la strada

della violenza. Adesso ogni giorno in Siria, in Iraq, in Libano e più

lontano, nel mondo musulmano, i cristiani sono la vittima predestinata e

la prossima venuta del Papa in Medio Oriente li spinge a parlare forte e

chiaro: almeno dove po ssono, dove c’è libertà di farlo, in Israele:

“Vogliamo che i giovani cristiani di questo Paese siano completamente

integrati nella società “dice a Nazareth severo e autorevole nella sua

veste dagli orli dorati e l’alto cappello nero padre Gabriel Nadaf, un

prete e leader Greco Ortodosso, il bel viso molto corrucciato.

 

E’giudice della corte religiosa, ex portavoce del patriarca greco in

Israele e prete attivo a Haifa, Acco, Nazareth. “Vogliamo porre fine

alla menzogna che ci definisce arabi. Non lo siamo: siamo cristiani

israeliani, non arabi israeliani. Per 65 anni ci hanno raccontato questa

menzogna. Noi siamo di stirpe cristiana, dopo gli ebrei la più antica

nell’Area. Soggiogati e spesso convertiti con la forza, ci siamo

adeguati alla richiesta di essere uno scudo e un cavallo di troia. Gli

arabi, persino i parlamentari eletti, dai banchi della Knesset

disprezzano la loro incredibile fortuna, vogliono la guerra contro

Israele, mentre ricevono assicurazio ni, pensione, stipendi alti e,

soprattutto, libertà. Sanno che questa libertà c’è solo qui, ma

minacciano Israele di morte, e dicono di difendere musulmani e

cristiani. Ma contro chi?Noi abbiamo bisogno di essere difesi da loro,

che ci aggrediscono e ci perseguitano. Cosa siamo noi? Cristiani

israeliani. Come i cristiani italiani, o americani, o in qualsiasi altro

Paese del mondo… noi siamo puramente israeliani”.

 

Gabriel Nadaf vive con la moglie e due figli a Nazareth, solo il 20 per

cento della popolazione è cristiano: “Vivo in mezzo al fuoco”, spiega il

rischio che corre ogni volta che esce.”Ci vuole coraggio” consente, ma è

deciso a andare fino in fondo:”Il nostro futuro è intrecciato con quello

di Israele. Immaginiamoci che i nemici di questo Paese avessero la

meglio: sarebbe la fine per tutti i cristiani dell’Area. Dunque, non ci

limitiamo a chiacchierare, agiamo, combattiamo nell’esercito israeliano:

come cittadini con eguali diritti e doveri, vogliamo che i nostri

giovani servano nell’esercito d’Israele come tutti gli altri”.

 

Un’autentica rivoluzione. Padre Nadaf, il cui braccio destro è un

energetico cristiano maronita senza paura, Shady Hassan, paracadutista

che oggi serve nelle riserve e vive sul confine del Libano, ha fondato

un “Forum per il reclutamento della comunità cristiana”. Uno scandalo

concettuale senza remissione: uno dei due figli di Nadaf è stato

addirittura rapito e poi rilasciato dopo che gli è stata rotta una mano,

ma il ragazzo, diciassette anni, è sempre più deciso a servire

nell’esercito. La maggiore obiezione è di essere traditori pronti a

puntare le armi sui loro fratelli arabi. Hadash e Balad, i due partiti

arabi, hanno lanciato i loro anatema. Il membro del parlamento Basel

Ghattas è stato denunciato per aver incitato alla violenza contro padre

Nadaf. “Non chiamateci arabi, è uno svisamento storico che dimentica che

in Terra Santa, nel grande giuoco del “prima e del “dopo”, noi eravamo

qui ben prima dell’invasione islamica che ne costrinse parte a

convertirsi, e parte a lasciarsi irretire in un giuoco che è durato fino

a ieri. Io sono solo un cristiano aramaico”, dice Shady Hallul e mi

recita il “Padre nostro” in aramaico, come lo recitava l’ebreo Gesù. Ma

la cosa più importante è l’esercito, il vero segnale di appartenenza

senza scherzi, senza rinvii. “Il Papa è benvenuto, è una grande

personalità, speriamo tuttavia che cessi dal linguaggio diplomatico e

passi a quello della difesa dei cristiani: deve parlare contro l’odio

omicida, deve spingere l’Unione Europea a difendere davvero i diritti

umani non a chiacchiere, ma nella realtà”.

 

Nazareth è una difficile casbah “Non abbiamo paura di niente, persino

tante ragazze” -dice Nadaf- “vogliono entrare nelle unità combattenti,

alcune già ci sono”.”In Israele siamo 160mila cristiani. In un

anno”-dice entusiasta Shadi- “da 35 ragazzi che si arruolavano ogni

anno, siamo arrivati a 100, di questi 10 sono ragazze! Abbiamo bisogno

di tutto per sostenere i ragazzi e le loro famiglie, quando si arruolano

nell’esercito o nel servizio civile e quando ne escono. Li aspetta un

mondo grande, ostile, pericoloso. Solo la fede e l’aiuto di tutto il

mondo può sostenerli”.

 

Art. tratto dal Giornale