Bruxelles, 10 aprile 2014 – Mentre giunge al termine il mandato dell’Alto Rappresentante per gli Affari Esteri della UE, la baronessa Catherine Ashton, e mentre i colloqui di pace israelo-palestinesi voluti dagli USA sono ad un punto morto, 42 leader politici europei hanno incalzato l’Unione Europea perché riveda la propria politica riguardo la West Bank, Gerusalemme Est e la striscia di Gaza.

Lunedì 7 aprile Leonello Gabrici, capo della divisione per il Medio Oriente al Servizio Europeo per l’Azione Esterna (EEAS), a nome della baronessa Ashton, ha ricevuto una lettera aperta sottoscritta da 42 leader politici. Tra loro vi erano ministri e parlamentari di undici stati membri, quali il vicepresidente del Comitato per gli Affari Esteri del parlamento europeo, l’italiano Fiorello Provera ed il capo della delegazione israeliana Bas Belder, dall’Olanda, così come anche alcuni ex ministri degli esteri di stati membri dell’UE.

Questi leader hanno obiettato che l’approccio dell’Unione Europea al conflitto israelo-palestinese ed alla questione dei territori contesi non solo è privo di equilibrio, ma anche si basa su cattive interpretazioni storiche e legali.

In particolare, con la lettera si dichiara inaccettabile che il fatto che le linee guida della UE riguardo agli insediamenti israeliani siano entrate in vigore nel dicembre scorso. Vengono elencate sei ragioni per le quali la UE dovrebbe urgentemente rivedere la propria politica in relazione alla pretesa palestinese di creare uno stato indipendente ed agli insediamenti israeliani, citando la storia, i confini, i problemi di sicurezza, il futuro di Gerusalemme, l’uguaglianza e le libertà.

Le Linee guida riflettono la politica comune dei governi degli stati membri dell’UE come è stato espresso nella decisione del Consiglio Europeo nel dicembre del 2013. Questa politica appoggia la creazione di uno stato palestinese basato sui cosiddetti confini precedenti il 1967 (La Linea Verde) e considera “illegali” gli insediamenti israeliani al di là di questa linea.

La lettera aperta afferma che questa politica pregiudica lo status legale dei territori, inclusa Gerusalemme Est.  Lo status legale di questi territori è estremamente complesso ed ambiguo. Israele ha il diritto di negoziare i propri confini come parte degli accordi di pace. Inoltre la politica dell’Unione Europea promuove la richiesta dell’OLP che a nessun ebreo possa essere concessa la possibilità di vivere nel futuro stato palestinese. Mentre il diritto di autodeterminazione del popolo palestinese deve essere rispettato, come effetto si arriva a qualcosa come una pulizia etnica, e ciò è diametralmente opposto ai valori europei di libertà e di uguaglianza.

Dopo l’incontro, il conulente legale di ECI Andrew Tucker ed il direttore e fondatore di ECITomas Sandell hanno dichiarato: 
“Mentre i cittadini europei si preparano per le votazioni, sentiamo che questo è il momento giusto per sollevare le nostre preoccupazioni riguardo alla politica senza equilibrio dell’UE nel Medio Oriente. L’Europa sta di nuovo scivolando verso la rimozione della libertà degli ebrei a vivere nella propria terra natia. Indipendentemente dai risultati dei colloqui di pace, i diritti del popolo ebraico di vivere e lavorare in quelli che oggi sono i territori contesi devono essere affermati da tutte le parti in causa, inclusa l’UE”.

Gabrici ha espresso l’apprezzamento da parte dell’EEAS per le attività di ECI, considerata un legittimo interlocutore nel dibattito europeo riguardo al Medio Oriente.
Questi ha spiegato che l’UE non è direttamente coinvolta nei colloqui di pace, guidati dagli Stati Uniti. L’UE si concentra invece su “quello che può accedere se le due parti arrivano ad un accordo”. Ha affermato che per gli israeliani ed i palestinesi l’Europa è un punto di riferimento.

Nell’incontro, il direttore Gabrici ha convenuto che, se i colloqui di pace falliscono, la politica dell’UE sul conflitto dovrà essere rivista, ma ha sottolineato che lo status quo non è più una opzione percorribile per la comunità internazionale. Ha dichiarato che: “Se i colloqui si interrompono entrambe le parti ne patiranno le conseguenze”.

In aggiunta all’applicazione delle line guida, l’UE intende imporre l’etichettatura obbligatoria dei beni israeliani che vengono prodotti nei territori contesi. Dovessero fallire i colloqui di pace, i palestinesi potrebbero dover fronteggiare una riduzione degli aiuti economici per l’Autorità Palestinese, e quindi una maggiore instabilità della regione.

La lettera aperta esprime il serio dispiacere di molte nazioni con diverse posizioni politiche, riflettendo l’aumento della critica alla posizione dell’UE rispetto alla contesa Israele/Palestina. L’anno passato due liste distinte di importanti leader politici hanno espresso la preoccupazione riguardo alle linee guida, aggiungendosi così al numero degli scontenti in Europa per la politica sbilanciata dell’Unione Europea in quest’area.

(trad. Egidio Ventura)