di Alfredo Mantici In un incontro esclusivo con Lookout l’ambasciatore dello Sfató d’Israele in Italia Naor Gilon analiíza senza reticenze i più delicati dossier del Medio Oriente. Dalla Siria all’lran. Dalla Palestina alle “Primavere arabe”.

In Medio Oriente, dopo le Primavere Arabe e la crisi siriana e nonostanle i movimenti popolari, Israele resta l’unica democrazia in tutto lo scacchiere. Islam e democrazia sono dunque Inconciliabili?

La questione non è necessariamente relativa all’Islam, ma certo la situazione che viviamo in Medio Oriente dimostra che questa regione non è ancora pronta alla democrazia. Del resto, in Europa ci sono voluti secoli prima di ottenerla. Per una democrazia stabile servono elementi certi, come una forte economia e una popolazione non ridota alla fame,’ E ancora, istruzione, stampa libera,, diritti forti per le donne: Serve’ una classe borghese robusta e acculturata: Tutto ciò ancora manca. Quindi, non si tratta di islam o non islam, anche perché ci sono esempi di Paesi islamici democratici. Piuttosto la questione è legata a quanto accade in Medio Oriente e dal fatto che; per moltissimi anni, numerosi paesi hanno vissuto sotto dittature che non hanno permesso loro uno sviluppo né la presenza di partiti, sistemi legali forti o una stampa libera. Penso che, col tempo, se si permetterà a questi elementi di svilupparsi, vedremo fiorire la democrazia anche in Medio Oriente.

Le Primavere e la guerra civile in Siria sembrano aver depotenziato i peggiori nemici di Israele. Hamas ed Hezbollah in particolare. È così?

Alcuni nemici di Israele sono direttamente coinvolti in Siria, ma non si può dire che siano diventati più deboli. Per esempio, di Hezbollah potrei dire il contrario e cioè che è diventato più forte. Certamente, concordo che nel breve termine Hezbollah avrebbe maggiori problemi a intraprendere nuovi atti ostili o a creare problemi a Israele. Ma allo stesso tempo stanno crescendo, hanno fatto esperienza e stanno ricevendo nuovi armamenti, solidificandosi come esercito ben più di prima. Le faccio un esempio. Con l’aiuto dell’Iran, Hamas e Hezbollah stanno migliorando la capacità balistica dei loro missili e ottenendo risultati tali che oggi sono in grado di arrivare più lontano e di colpire con più accuratezza di prima. In Libano, Hezbollah ha qualcosa come centomila razzi di diverso tipo, e questo è molto allarmante, soprattutto perché l’esperienza ci dice che loro mirano direttamente alla popolazione civile. Dunque, non sono sicuro che il pericolo sia diminuito.

Ritiene che, quando le armi taceranno e le tensioni interne saranno ricomposte, Israele avrà maggiori chance di dialogo con i suoi vicini-nemici?

Per rispondere, dobbiamo tornare al discorso che facevamo prima: dipende da come il Medio Oriente uscirà dalla crisi. Se avrà ottenuto più libertà, ci sarà una grande possibilità per la pace in Medio Oriente. Se il popolo della regione avrà migliori condizioni economiche e più emancipazione, ci sari meno desiderio di combattere e meno spazio per l’estremismo. Questa è la speranza che dobbiamo coltivare. Ricordiamoci di Anwar Sadat in Egitto, che non era certo un democratico ma era un grande leader che inseguiva e credeva nella pace ed è stato ucciso proprio per questa ragione. Questo dimostra che, alla fine, serve una certa stabilità per raggiungere la pace.

La stampa israeliana ha parlato di un progressivo riavvicinamento tra Israele e la Turchia dopo le tensloni conseguenti all’incidente della Mavi Marmara del 2010. Ritiene che il dialogo tra Gerusalemme e Ankara stia registrando progressi significativi? In quale ambito?

Voglio credere che sia così, e che la Turchia stia andando nella direzione giusta, ma dipende. Le cosiddette primavere arabe hanno portato Israele e Turchia ad avvicinarsi, ma questo è avvenuto perché abbiamo gli stessi interessi e siamo entrambi coinvolti. Certamente, spero che potremo metterci alle spalle l’affaire Mavi Marmara, così come spero che la direzione intrapresa dalla Turchia verso un Paese pluralistico e secolare continui. Del resto, due Paesi forti che non hanno origini arabe, potrebbero cooperare benissimo.

Quale scenario a breve termine teme di più il vostro governo?

L’Iran è il problema numero uno. Anche perché per lungo tempo è stato una minaccia diretta alla nostra esistenza. Certo, siamo preoccupati per tutto ciò che sta accadendo nel resto del Medio Oriente ma, in questo caso, sappiamo che quello che possiamo fare è limitato e semplicemente cerchiamo di non essere coinvolti. Poi c’è la Palestina, anche se oggi non è più il principale problema per l’intero Medio Oriente, mentre lo sono piuttosto le differenze tra sunniti e sciiti e le relative mancanze di democrazia e di sviluppo economico.

Le tensioni dialettiche e le minacce reciproche tra Israele e Iran sono diminuite dopo l’insediamento del nuovo governo dl Teheran. II pericolo nucleare Iraniano va scomparendo?

Chiaramente, c’è un nuovo volto in Iran. Ahmadinejad era un “cattivo ragazzo”, mentre oggi abbiamo persone che in qualche maniera dialogano. Ma fondamentalmente, da quanto abbiamo avuto modo di capire, l’approccio dell’Iran non è affatto cambiato. II problema di Israele è con il regime iraniano, che non è certo cambiato. La sua struttura, così come i Guardiani della Rivoluzione, sono gli stessi di prima. La nostra paura è la combinazione di questo regime con le capacità nucleari dell’Iran. Ad esempio, Rafsanjani non era certo una persona estremista, eppure in passato disse che, data la dimensione limitata del nostro Paese, una sola bomba poteva distruggere Israele. Tutto è ancora così.

Eppure II presidente Rouhani ha assicurato di volere il dialogo…

Le persone sono distratte dal fatto che nel nuovo regime c’è una persona piacevole e non così pessima come Ahmadinejad, che era facile da disprezzare. Ma l’obiettivo non è cambiato e il regime insiste nel voler dotarsi della capacità nucleare. L’Iran oggi è sul punto di realizzare ben cinque o sei bombe nucleari. L’accordo con le sei superpotenze non va nella direzione di un’inversione di rotta. Ha semplicemente congelato alcune capacità, ma gli iraniani possono continuare in altra maniera. Questa è la nostra preoccupazione. Noi non abbiamo un problema con l’Iran, ma con il nucleare dell’Iran. Non vogliamo che diventi una potenza nucleare e speriamo che l’accordo finale renda certa l’impossibilità per l’Iran di produrre simili armi e che non possa ricominciare con l’arricchimento dell’uranio. Comunque, questo non è l’unico problema con l’Iran, ne abbiamo altri.

Quali?

L’Iran è il più grande sostenitore del terrorismo in Medio Oriente e questo non è cambiato neanche sotto la presidenza Rouhani. Si veda la Siria; dove l’Iran protegge il regime e supporta Hezbollah, che è coinvolta nel conflitto grazie a loro. Inoltre, supportano Hamas e le minoranze sciite nel Golfo, così come armano i ribelli in Yemen. Giusto un mese fa abbiamo fermato una nave piena di armi che andava a Gaza. E poi penso ai diritti civili e umani, se non sbaglio l’Iran è il Paese che compie più esecuzioni di morte al mondo dopo la Cina.

È ottimista circa gli accordi tra USA e Iran?

Siamo speranzosi che gli americani e le altre potenze trovino una soluzione. Ma non siamo gli unici ad essere nervosi sul tema. Penso all’Arabia Saudita. I sauditi sono abbastanza grandi e forti per dire quel che pensano. Comunque, l’obiettivo dev’essere chiaro, non permettere che l’Iran raggiunga la capacità nucleare. Spero che quel che sta succedendo in Ucraina non produca effetti collaterali, visto che USA e Russia stavano collaborando in questo e altri settori.

Possono il Qatar o l’Arabia Saudita essere la soluzione del problemi del Medio Oriente?

Il Qatar ha molte risorse e soldi ma la sua capacità di influenzare è limitata. L’Arabia Saudita è differente, si tratta di un grande Paese e certamente può essere parte della soluzione. Ma il punto è che entrambi sono coinvolti in Siria come in Iran. Alla fine, in Medio Oriente tutto è interconnesso.

Circa II processo di pace Israelo-palestinese, qual è la vostra opinione sull’accordo Hamas-Fatah?

Abu Mazen ha formato un’alleanza con un’organizzazione che chiede ai musulmani di combattere e uccidere gli ebrei. Hamas ha lanciato oltre diecimila tra missili e razzi contro il Israele e non ha fermato le azioni terroristiche neanche una sola volta. L’accordo tra Abu Mazen e Hamas è stato firmato. È la conseguenza diretta del rifiuto dei palestinesi di far progredire i negoziati. Solo il mese scorso Abu Mazen aveva respinto i principi quadro proposti dagli Stati Uniti, ha poi rifiutato di discutere il riconoscimento di Israele come Stato-Nazione del popolo ebraico e adesso si è alleato con Hamas. Ma la Carta di Hamas (il “Patto del Movimento di Resistenza Islamico” dcl 1988, ndr) rifiuta tutti i colloqui di pace con lo Stato di Israele, e sottolinea l’impegno dell’organizzazione terroristica nel distruggere Israele attraverso una guerra santa (jihad, ndr). Quella Carta è un documento apertamente antisemita e anti-occidentale, che esprime la prospettiva islamica radicale di Hantas. Ma soprattutto il punto è che resta ancora valida. La posizione estremista della Carta esprime la totale opposizione a qualsiasi accordo o intesa che riconosca il diritto di Israele a esistere.

E cosa può dirci dei rapporti tra Israele e Italia e del ruolo dl Roma nel Mediterraneo?

Le relazioni con l’Italia sono eccellenti in tutti i settori. Solo in campo economico, lo scorso anno abbiamo avuto oltre quattro miliardi di dollari in scambi commerciali e abbiamo siglato importanti accordi militari, per oltre due miliardi. Voi siete il nostro secondo o terzo partner in ricerca e sviluppo e le nostre collaborazioni non si limitano a questo. Si veda il turismo. Solo nel 2013 ben il 5% di cittadini israeliani ha visitato l’Italia, è un numero altissimo. Insomma, la coopera-zionc è davvero ottima. Circa il ruolo dell’Italia nel Mediterraneo, il vostro Paese è molto rispettato da tutti e può avere un ruolo importante, anche se oggi è più difficile per la crisi europea. Il problema del vostro Paese è aumentare la competitività e l’innovazione per e con i giovani.

(Art. tratto da informazionecorretta)