È il primo Paese occidentale a compiere questo passo, suscitando le ire dei palestinesi. Il premier Abbott: «La definizione non giova al processo di pace». di Maurizio Molinari Tony Abbott L’Australia è il primo Paese occidentale che cessa di definire “occupata” Gerusalemme Est compiendo un passo che suscita le ire del governo palestinese. Il premier di Canberra, Tony Abbott, ha deciso in particolare di rinunciare al termine “occupati” per far riferimento ai quartieri ebraici costruiti a Gerusalemme Est dall’indomani del giugno 1967, quando la città venne riunificata da Israele al termine della Guerra dei Sei Giorni. La tesi espressa dai portavoce del governo australiano è che la definizione di “occupati” «non giova in un momento in cui il processo di pace può ancora svolgersi». Il passo arriva al termine di un teso dibattito nel Parlamento di Canberra sul tema della legalità degli insediamenti israeliani a Gerusalemme Est e in Cisgiordania che ha visto il ministro della Giustizia, George Brandis, affermare: «La descrizione di Gerusalemme Est come “occupata” ha implicazioni peggiorative che non sono né appropriate né utili» e dunque «il governo australiano non deve usare tale linguaggio per riferirsi ad aree oggetto di negoziato». Numerosi senatori dell’opposizione hanno contestato tale approccio ricordando che l’Australia ha approvato in passato risoluzioni dell’Onu in cui si definisce “occupata” Gerusalemme Est e che dunque cambiare posizione implica una “svolta massiccia” nella politica estera nazionale. Ma Brandis ha ribadito la tesi del governo, già emersa in coincidenza con la decisione del ministro degli Esteri, Julie Bishop, di autorizzare il proprio ambasciatore in Israele, Dave Sharma, ad incontrare il ministro israeliano dell’Edilizia, Uri Ariel, in un edificio governativo proprio a Gerusalemme Est. In quell’occasione proprio Bishop aveva fatto riferimento alla Cisgiordania come a territori “contesi” in considerazione delle perduranti trattative fra israeliani e palestinesi sul loro status finale, sottolineando che non avrebbe più definito “illegali” gli insediamenti ebraici. La svolta australiana sugli insediamenti è iniziata in settembre, dopo la vittoria della coalizione liberal-nazionale di Tony Abbott sul partito laburista di Kevin Rudd, portando in novembre a due astensioni su altrettante risoluzioni Onu che condannavano gli insediamenti. La reazione del governo dell’Autorità palestinese al nuovo approccio di Canberra è arrivata con una lettera di Saeb Erakat, capo negoziatore, a Bishop nella quale di attribuisce all’Australia una “possibile complicità con Israele nelle perduranti violazioni della legge internazionale compiute nei Territori” di Gerusalemme Est, Cisgiordania e Gaza che l’Assemblea Generale dell’Onu ha riconosciuto parte integrante del territorio dello Stato di Palestina. «Ci rivolgeremo alla Lega Araba ed all’Organizzazione della Conferenza Islamica – conclude Erakat – per chiedere che rivedano le loro relazioni con l’Australia alla luce delle decisioni prese dal vostro governo». Un portavoce del ministero degli Esteri di Canberra ha ribattuto affermando che “lo status di Gerusalemme Est deve essere risolto attraverso negoziati diretti fra le parti”. Il ministro degli Esteri israeliano, Avigdor Lieberman, ha parlato da parte sua di “serio approccio” dell’Australia alla questione territoriale, sottolineando come Canberra «non intenda accattivarsi gli integralisti islamici che minacciano chiunque osi dire la verità sul conflitto israelo-palestinese». «Mi auguro che altre nazioni abbiamo il coraggio di seguire l’Australia» ha aggiunto Lieberman. Tanto gli Stati Uniti che i Paesi dell’Ue e la Nuova Zelanda ricorrono al termine “occupato” per definire Gerusalemme Est, considerando gli insediamenti israeliani in Cisgiordania “illegali”.

(La Stampa, 7 giugno 2014)