Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli

Cari amici, questo è un momento assai difficile per la guerra di Gaza e per Israele. Diciotto militari di Tzahal, finora, sono caduti; i feriti seri sono una cinquantina. Chi si illudeva che l’azione di terra sarebbe stata resa facile dalla superiorità tecnologica israeliana come lo scontro missilistico, purtroppo ha dovuto ricredersi. Hamas si preparava da anni a questa battaglia, ha fortificato Gaza, l’ha traforata di tunnel da cui portare assalti di sorpresa, l’ha riempita di fortini da cui sparare, ha minato le sue case e le sue strade. In più sta usando la sua popolazione civile come scudi umani, provocando cinicamente delle perdite da far pesare nella battaglia politica e diplomatica. I combattimenti sono difficili e dovranno essere lunghi e costosi per debellare il pericolo. D’altro canto proprio la durezza dei combattimenti ne mostra la necessità. Gaza non è un territorio pacifico invaso, è una fortezza offensiva costruita per essere la base per distruggere Israele. Non era possibile non affrontarla. Questa non è la guerra di Israele contro Gaza, ma quella di Gaza contro Israele, in cui lo stato ebraico difende la vita sua e dei suoi cittadini. Lo dimostrano i razzi che continuano a essere sparati indiscriminatamente contro le città israeliane, i tentativi che vi sono stati da parte dei terroristi di Hamas di portare strage nei villaggi vicini alla striscia: almeno due con tunnel che attraversano la frontiera (l’ultimo stamattina) e altrettanti tentativi di sbarco dal mare.La guerra è stata sostanzialmente subita da Israele. E’ bene essere chiari su questo. Era possibile concludere un accordo durante le trattative sponsorizzate da Kerry ? No, non lo era. I negoziati erano una burletta. Negli ultimi mesi le parti non si incontravano neppure. Gli americani avanzavano idee che non tenevano affatto conto del carattere aggressivo del sistema politico palestinista (sia Hamas che Fatah) e trattavano con grande superficialità la sicurezza di Israele. Immaginatevi come sarebbe oggi la situazione se Giudea e Samaria fossero state consegnate agli arabi, il contrabbando di armi e terroristi fosse in sostanza libero lungo il Giordano, i tunnel arrivassero dentro Gerusalemme o l’aeroporto internazionale. Poteva accettare Israele dopo la rottura il governo Fatah-Hamas che si è costituito ?

No, lo si vede adesso: era un governo che legittimava il terrorismo e lo portava in prospettiva a controllare anche i pezzi di territorio e di sistema di sicurezza palestinese che ora sono (precariamente) in mano a Abbas. Poteva evitare di cercare sistematicamente i tre ragazzi rapiti e di disarticolare la struttura di Hamas in Giudea e Samaria che aveva organizzato e sostenuto il sequestro ?

Non ha senso neppure parlarne. Poteva reggere il lancio dei missili sulle città israeliane intensificato progressivamente da Hamas dall’inizio di luglio, aspettando che si stancassero, con la consapevolezza che prima o poi un razzo avrebbe penetrato la barriera di Iron Dome, magari facendo danni irreparabili e nel frattempo lasciando mezzo paese sotto la minaccia quotidiana dei razzi ?

No di certo. Quando si è visto che Hamas anche dopo la reazione israeliana non rinunciava a tirare i suoi razzi e a cercare di minacciare coi tunnel i villaggi e le città vicino alla Striscia, si poteva evitare l’azione terrestre? Forse sì, alcuni l’hanno proposto, anche qui Kedar, ma il risultato dell’azione aerea era insufficiente e restava la rete dei tunnel, la grande minaccia. Se non si fosse affrontata ora, sarebbe rimasta lì e anzi sarebbe stata arricchita e perfezionata. Prima o poi era necessario smantellarla e questo si poteva fare solo da terra. Bennett ha parlato di una minaccia imminente “grande come l’11 settembre”, che si poteva sventare solo con l’azione di terra. Ora Israele è preso in questa azione e non ha altra scelta se non vincerla. E’ in gioco la sua capacità di reazione agli attacchi, non solo a Gaza, ma dal Libano e dalla Siria, dove i nemici sono alle porte, dal Sinai, dove bande terroristiche agiscono ancora, dalla Giordania, che è a sua volta minacciata dalla grande organizzazione terrorista dell’Isis. Solo una vittoria convincente, uno smantellamento della struttura militare di Hamas può garantire la pace di Israele in un contesto così pieno di pericoli com’è il Medio Oriente attuale. Ogni compromesso che accetti le condizioni di Hamas premiando il suo terrorismo, come quello sostenuto da Turchia e Qatar (lo stato padrino di tutti i terrorismi della zona che Obama ha appena premiato con una gigantesca fornitura d’armi avanzate http://www.examiner.com/article/obama-inks-massive-11-billion-weapons-deal-with-qatar ) lo esporrebbe a nuovi attacchi non solo da Gaza, ma da tutti i suoi confini. Fra l’altro Hamas dice esplicitamente che una tregua servirebbe solo a riarmarsi per fare ripartire l’attacco a Israele.

Lo trovate dichiarato in questo video che riprende una trasmissione “al di sotto di ogni sospetto” di Al Jazeera: https://www.facebook.com/photo.php?v=10152653417630628 . Purtroppo l’edizione che ne ho è leggibile solo per chi ha Facebook, ma è estremamente importante e va fatto circolare). Insomma, come è accaduto altre volte nella sua storia, Israele sta combattendo per la sua sopravvivenza. Il nemico locale sembra debole e certamente può essere sconfitto con la determinazione e la forza di Tsahal. Ma dietro di lui ci sono forze molto grandi e potenti – in sostanza tutto l’islamismo – che sono in attesa di un momento di debolezza e di esitazione. Questa situazione ha anche scatenato tutto l’antisemitismo che è latente nel mondo occidentale, con le manifestazioni violentissime, anche se minoritarie, che si sono tenute in Germania, in Francia, in Gran Bretagna e altrove, anche negli Usa; con gli assalti alle sinagoghe, con gli slogan nazisti, con obiettivi ebraici, insomma, non solo israeliani. La battaglia che si svolge in queste ore intorno alla fortezza Gaza riguarda tutti gli ebrei, non solo Israele. E riguarda anche tutto il mondo che ancora gode di una discreta libertà in Europa e negli Stati Uniti: perché Israele è da sempre un test, un avamposto, un bastione della libertà in mezzo alla zona più turbolenta, più fanatica e più illiberale del mondo, mentre l’Occidente è affidata alla leadership più incerta, vanesia, incosciente fino ai limiti del tradimento che l’America abbia mai conosciuto.

La situazione è difficile.

C’è una dura battaglia a Gaza e anche una battaglia nell’opinione pubblica, nella politica, nel giornalismo. Ognuno deve fare la sua parte.

 

(art. tratto da informazionecorretta)