Alla vigilia di Ferragosto, pur nella tensione di una guerra di bassa intensità, Gerusalemme conduce una vita tranquilla e serena, i negozi sono tutti aperti, bar e ristoranti conducono un’attività normale. Giovani in divisa militare con zaini e armi a tracolla si mescolano candidamente tra la folla gioiosa e chiassosa di Gerusalemme in queste giornate che, tornate calde solo per la temperatura afosa ad esorcizzare la subdola guerra con Hamas, lasciano stupiti i pochi arabi che si incontrano al mercato o tra i taxisti. Anche se i turisti sembrano pochi, numerosi ebrei si sono impadroniti della città.

Abbiamo incontrato in questa occasione un vecchio amico di Evangelici d’Italia per Israele; si tratta di Ofer Bavly, già portavoce dell’Ambasciata di Israele in Italia ai tempi di Ehud Gol che, stupito di rivederci, ha manifestato affettuosamente tutta la sua contentezza. Incontrato più volte, una decina di anni fa, a Roma e a Padova, nel 2006 è stato nostro relatore al I Convegno Internazionale EDIPI di Arzano (NA). Nell’intervista che ci ha concesso, Ofer ci ha informato della sua recente attività.

Dopo un’esperienza in Florida come Console di Israele, attualmente svolge per la Federazione Ebraica Mondiale, il ruolo di direttore generale nel Fondo Unificato Ebraico per la città metropolitana di Chicago. Con l’occasione del conflitto in atto con Hamas ha raccolto 30 milioni di dollari grazie alle donazioni della Comunità Ebraica di Chicago. Rilevante è infatti il costo economico di questa guerra, non solo in termini di vite umane, ma anche di feriti con invalidità rilevanti e inoltre interi ospedali israeliani danno assistenza ai palestinesi feriti nel conflitto. Esiste quindi un grave emergenza sanitaria che complica la situazione economica del paese.

Ofer ha riscontrato una pronta risposta di tutti gli ebrei americani e di quell’evangelismo definito “sionismo cristiano” così attivo negli USA grazie al coinvogimento di pastori come Mike Evans e John Hagee. Quest’ultimo ha spesso coinvolto Ofer in convegni di sensibilizzazione verso Israle con migliaia di persone presenti.

Ofer Bavly è da sempre un sostenitore di una stretta collaborazione tra ebrei e cristiani, considerando che ormai siamo nella stessa barca contro lo stesso nemico, l’Islam radicale; segue EDIPI da anni e vede con favore quanto stiamo facendo.

Interpellato sull’attuale situazione del conflitto con Hamas ha espresso sinteticamente il suo pensiero in sette punti:
  1. La cosa più importante è rappresentata dal significativo ricompattamento parlamentare sulle scelte governative
  2. Le uniche riserve riguardano il comportamento, giudicato troppo morbido, di Netanyahu sulla stategia di continuazione della guerra:”il ferro si deve battere finché è caldo” e la varie tregue, mai rispettate da Hamas, servono a raffreddare e complicare la situazione
  3. Nelle trattative Israele deve cambiare atteggiamento, dettando e non subendo condizioni ed in alcuni casi esser fermi sull’impossibilità di scambiare corpi di soldati israeliani morti in cambio di prigionieri terroristi
  4. Nello stillicidio continuo di lanci di missili, adottare contromisure più incisive, tipo la sospensione della fornitura di energia elettrica a Gaza: 1 ora di sospensione per ogni missile lanciato.
  5. La soluzione sarebbe la rioccupazione di Gaza, ma il costo intermini economici e di vite umane sarebbe altissimo, a meno che non ci fosse un’insurrezione della popolazione araba di Gaza contro Hamas
  6. Il consiglio che ci dà è quello di intensificare la nostra informazione soprattutto fra i giovani, favorendo scambi culturali tra italiani ed israeliani, offrendo opportunità di esperienze, anche di qualche mese, in vari settori (studio, sport, agricoltura)
  7. Studiare formule turistiche per far conoscere il vero Israele: non quello che si vede alla TV (in effetti la nostra testimonianza di turisti ferragostani rimarca la totale traquillità e sicurezza dei posti che abbiamo visitato)

In vent’anni di visite in Israele non abbiamo mai visto la quasi totale scomparsa degli autobus turistici dei pellegrini delle varie nazionalità che pullulavano le strade di Israele, nonostante non vi sia pericolo a Gerusalemme. Si valuta che il danno economico sia di un calo del 30% con punte del 50% in alcuni settori.