Il ritorno alla eredità lasciata dai Re di Israele

di Gabriella Morabito Frye

 In un autobus blindato, unici italiani tra i pochi turisti per lo più ebreo ortodossi provenienti dagli USA e Gran Bretagna, percorriamo a ritroso la antica strada che conduceva i Re di Israele dalla magnifica regale Hebron alla nuova Città di Davide, Gerusalemme. La strada antica, ora detta Hebron Road, si inerpica fra le pendici dei territori israeliani e cis-giordani ed è oggi percorribile solo in parte, in molte zone all’interno delle mura perimetrali di cemento armato che fanno da confine tra lo stato di Israele e la Cisgiordania. La prima monumentale tomba che incontriamo sulla strada è quella di Rachele, raggiungibile in autobus pubblico da Gerusalemme, attraverso uno stretto corridoio fra due alte mura, poi a piedi fino all’ingresso principale, mentre la struttura della tomba è in territorio arabo, quindi aldilà delle mura e non accessibile agli ebrei. Grazie alla tenacia di un gruppo di donne ebree che chiesero all’ex Presidente dello Stato di Israele Shimon Peres il libero accesso alla tomba negato fino al 2007, la tomba è ora visitabile a tutti ed ha al suo interno una zona per le donne ed una per gli uomini. Nella parte riservata alle donne, si conserva in teca di vetro il vestito di una promessa sposa morta in incidente di auto e donato alla tomba di Rachele, oltre ad antiche spoglie della tomba e dei lavatoi per la purificazione. Qui le donne ebree di tutto il mondo vengono in pellegrinaggio e pregano perché Rachele possa intercedere per il buon esito di una gravidanza, per poter avere figli e per le loro famiglie, questa tradizione si tramanda di generazione in generazione. Offerte all’ingresso vengono date ai poveri di Gerusalemme che pregano alle porte della tomba.

Lungo il percorso apprendiamo che proprio qui agli inizi del ventesimo secolo, 1920, è stata fondata la prima comunità ebraica , prevalentemente ad indirizzo agricolo, i cui pionieri provenivano da Mehari, i quali combatterono il clima arido iniziando una produzione agri-colturale di ulivo e vite. Raggiungiamo finalmente Hebron, (in ebraico Hevron, deriva dalla parola “amico” in riferimento ad Abramo), con il vicino e nuovo insediamento di Kiryat Arba dove i patriarchi di Israele regnarono, le loro spoglie furono deposte e Re Davide regnò per sette anni e mezzo per poi muoversi alla conquista della città di Davide, primo insediamento della città di Gerusalemme. Hebron è una città della Cisgiordania (Giudea secondo la toponomastica ebraica), oggi conta circa mille ebrei, distribuiti in varie zone del territorio, ed appare all’occhio del visitatore come città fantasma, scevra di mercati e vita sociale, città militarizzata e dall’imprevedibile sviluppo futuro. La nostra guida, il rabbino della comunità di Hebron, ci dice che per la sua famiglia (sua moglie e i loro sei figli) è un onore poter vivere in Hebron e rappresentare il popolo ebraico affermando l’eredità dei padri della fede. Dal 1967, la città è stata data ai palestinesi e completamente chiusa agli ebrei, che oggi grazie alla continua battaglia per la riconquista del territorio promesso da Dio agli ebrei, vede una comunità di un migliaio che sopravvive in condizioni incredibilmente difficili ed in conflitto con i musulmani, primo baluardo della terra promessa.

Abramo, padre della fede, in Hebron ricevette la promessa di Dio di un figlio e della moltitudine del popolo di Israele che da lui sarebbe venuta. Nella parte alta della città abbiamo visitato l’insediamento più antico di Israele dove Abramo ricevette la promessa presso la querce di Mamre. La zona del mercato e delle antiche transazioni si trova proprio nelle vicinanze della quercia e conserva i resti archeologici del mercato e delle porte della città oltre alle scale di accesso. Qui fu costruito il palazzo dove Davide regnò per sette anni e mezzo. In questo luogo è stato costruito, aldilà delle controversie storiche e politiche che si sono succedute dagli anni ottanta al 1998, un luogo biblico in Hebron laddove tutti gli ebrei e visitatori possono accedere per riscoprire la propria eredità storica e religiosa. Dal 1967 in poi, dopo la Guerra dei sei giorni un gruppo di ebrei, guidati dal rabbino Moshe Levinger, si stabili all’interno del principale hotel di Hebron rifiutando di lasciarlo. In seguito prese possesso di una base militare abbandonata fondando l’insediamento di Kiryat Arba. Nel 1979 la moglie di Levinger guidò un gruppo di trenta donne a prendere il controllo di un edificio abbandonato che fino al pogrom del 1929 aveva contenuto l’ospedale Beit Hadassah nel pieno centro di Hebron. In seguito l’azione ottenne l’approvazione del governo israeliano e successivamente l’enclave ebraica nella città ricevette appoggio da parte dell’esercito. Abbiamo visitato anche la sinagoga all’interno dell’ex ospedale Beit Hadassah, in cui furono uccisi tanti ebrei a seguito della rivolta dell’agosto del 1929, dove durante una serie di Moti in Palestina del 1929, scontri tra ebrei e arabi, l’Haganah offrì la propria protezione alla comunità ebraica di Hebron (circa 600 persone su un totale di 17.000 abitanti), che la rifiutò contando sui buoni rapporti che si erano instaurati da tempo con la popolazione araba e i suoi rappresentanti. Un museo con una zona di gioco per i bambini è ancora in ristrutturazione e presto sarà aperto a tutti i visitatori.
Proprio in questo luogo, il 24 agosto furono uccisi 67 ebrei (la metà del totale dei caduti ebraici morti durante la rivolta), alcuni dopo violenze carnali e torture, e 135 furono feriti (Massacro di Hebron del 1929). La restante popolazione ebraica che rimase in città riuscì a trovare rifugio presso un posto di polizia alla periferia della città e presso alcuni dei loro vicini arabi. Durante gli scontri venne razziato il mercato cittadino, sia per la parte araba che per quella ebraica e avvenne la quasi totale distruzione del quartiere ebraico pluricentenario.

La presenza ebraica ad Hebron è cresciuta negli anni e dal 2005 si contano più di 20 famiglie in città e nei dintorni. Momenti di shabbat come lo speciale evento chiamato Shabbat Hebron danno l’occasione di riunire grandi numeri di giovani ebrei provenienti da varie nazioni ad Hebron e presso la tomba dei Patriarchi a Me’arat Hamachpela. L’edificio Hamachpela contenente le tombe dei patriarchi è importante dal punto di vista storico e religioso sia per gli ebrei che per i cristiani così come per i musulmani, è quindi ragione di conflitto dalla sua fondazione e per gli ebrei ne è stato negato l’accesso fino al 1967; abbiamo pregato infatti presso l’angolo dei “seven steps” che rappresentano la distanza alla quale gli ebrei dovevano pregare dall’edificio del Hamachpela fino a quel tempo.

L’accesso alle tombe dei patriarchi è permessa tutti i giorni dell’anno mentre alle tombe sotterranee di Giacobbe, Isacco e Lia è disponibile in giorni specifici del calendario festivo ebraico e musulmano. La guida ci ha lasciato dicendo: ”Il supporto per una presenza ebraica continua a Hebron a Machpela è tangibile. Circa mezzo milione di visitatori di tutte le religioni visitano Hebron e Machpela ogni anno. I sondaggi mostrano che quasi il 90 per cento degli israeliani vorrebbe rinunciare a Me’arat HaMakhpelah. Il rifiuto di Hebron e Me’arat HaMakhpelah equivale a tagliare fuori le nostre radici. E sappiamo tutti cosa succede ad un albero quando si recidono le sue radici.” Shabbat Hayei Sarah in Hebron è una affermazione del diritto del nostro popolo di vivere e di culto liberamente nella nostra terra. Questo è l’incarnazione dell’inno nazionale israeliano, Hatikva: Lehiot am Hofshi, b’artzeinu – di essere un popolo libero nella nostra terra.

Possiamo essere un popolo libero nella nostra terra, senza la prima città ebraica in Israele; non libero, il culto limitato al primo luogo santo ebraico nella nostra terra?

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