di Pierpaolo Pinhas Punturello

Due milioni di evangelici americani, guidati dal pastore John Hagee, fanno della difesa dello Stato ebraico e degli ebrei lo scopo della loro vita religiosa. di Pierpaolo Pinhas Punturello Pochi giorni prima di Rosh Hashanà le strade di Gerusalemme hanno visto il passaggio di molte e diverse genti arrivate da “fuori”, ognuna delle quali era presente in Israele per scopi, motivi e pensieri diversi. Tra queste diverse visite e diversi turisti c’era un gruppo di 500 americani evangelici guidati dal pastore John Hagee. Nel 2006 il pastore Hagee ha fondano una organizzazione, CUFI (Christians United For Israel) che al momento conta quasi un milione ed ottocentomila associati, arrivando ad avere al proprio interno anche membri del Congresso americano e del Senato che lavorano, come tutti gli altri, affinché l’immagine dello Stato di Israele, la sua storia, la sua legittimità siano motivo di approfondimento e studio in molti contesti e luoghi di fede evangelica. Non esiste oggi università o campus in tutti gli Stati Uniti che non abbia una sede del CUFI che rivolga i propri stimoli educativi verso la nuova generazione di studenti cristiani americani, insegnando loro un nuovo modo con il quale approcciarsi allo Stato di Israele ed all’ebraismo in genere. Inoltre una volta l’anno, a Washington, il consiglio direttivo del CUFI organizza un congresso internazionale in onore dello Stato di Israele, congresso che è preceduto da centinaia di serate ed happenings “for Israel” nelle principali città statunitensi. Chiaro ed incisivo è il messaggio che viene dato ad ogni nuovo membro del CUFI: “Vietato essere missionari, scopo del CUFI è la dimostrazione reale del nostro amore per i fratelli e le sorelle ebree e dare loro il massimo del nostro aiuto.” E durante l’ultimo conflitto con Gaza l’aiuto del CUFI è stato tanto reale quanto prezioso: più di 14 testate giornalistiche degli Stati Uniti hanno pubblicato intere pagine di riflessioni e notizie raccolte dallo stesso pastore Hagee che non ha mai smesso di affermare a voce alta il diritto di Israele di vivere in pace, sicurezza, entro confini sicuri e non ha mai smesso di pubblicare smentite e vere fonti di notizie false sul conflitto fatte circolare da poco limpide organizzazioni propalestinesi. Cosa spinge un pastore evangelico a tenere in piedi un organizzazione del genere e cosa spinge quasi due milioni di cristiani a dichiararsi così apertamente a favore dello Stato di Israele? Prima di ogni cosa la nuova analisi dei testi sacri ed il rifiuto della teologia della sostituzione che vede nel Cristianesimo il “nuovo Israele” contrapposto al vecchio Israele la cui alleanza è ormai superata. Per il mondo del pastore Hagee non solo l’antica alleanza non è mai stata superata o annullata dalla “nuova”, teoria comune anche al mondo cattolico, ma anche il valore del legame tra Torà, terra di Israele e presenza ebraica in Israele è di fondamentale importanza teologica e non può essere ignorato. “Se nel Salmo 24 è scritto che ‘la terra è di Dio con tutto ciò che è in essa’ questo significa che è di Sua esclusiva proprietà e quindi Egli può darla in eredità al popolo di Israele che di fatto” – afferma Hagee – “non conquista la terra ma la riceve in dono.” Affermare questo durante un conflitto in Medio Oriente di fronte all’opinione pubblica americana e farlo da pastore evangelico non è così ovvio. Non è ovvio rispetto ad un certo tipo di teologia cristiana, non è ovvio rispetto alle posizioni politiche contro Israele, non è ovvio anche rispetto alla lettura dei testi di Paolo di Tarso. Eppure il pastore Hagee continua a sottolineare con forza che leggere nell’Antico Testamento nella parola Israele un preludio all’esistenza della chiesa significa far mentire i testi così come Paolo di Tarso non ha mai sostenuto nessuna tesi sulla sostituzione tra il “vecchio” ed il “nuovo” Israele. I legami tra vecchio e nuovo testamento sono fondamentali per il mondo cristiano ma non in chiave teologica quanto in chiave storica e filosofica e vanno vissuti con gratitudine: senza Israele non ci sarebbe cristianesimo e questo è un dato innegabile. Ma oltre i testi e la teologia resta di fronte a noi l’attività politica del CUFI, di fatto la più grande organizzazione filo israeliana d’Occidente che pone, involontariamente, molti quesiti anche al mondo ebraico. Primo fra tutti, perché un gruppo così numerosi di evangelici ha così a cuore il destino di uno stato ebraico? Alcuni risponderebbero a questa domanda dicendo che lo scopo di questo sostegno ad Israele da parte evangelica starebbe nell’affrettare la “Fine dei Giorni” quindi una sorta di mezzo per avvicinare i tempi messianici, le guerre tra Gog e Magog e tutto quanto è scritto nei testi dell’Apocalisse. Il pastore Hagee nega con forza questa interpretazione con un discorso molto semplice: “Noi non possiamo influenzare i progetti divini in nessun modo. Dio è il solo che decide cosa fare e quando farlo. Io difendo Israele perché so che questo è giusto, ma non pretendo che la mia difesa diventi un mezzo per influenza il volere di Dio.” Approfittando che la visita del pastore Hagee in Israele è avvenuta a pochi giorni da Rosh HaShanà, gli è stato chiesto di lasciare un augurio per il nuovo anno: “Le nostre preghiere e le nostre benedizioni sono con lo Stato ed il popolo di Israele perché sappiamo dalle Scritture, dai primi capitoli della Genesi, che chi benedice Abramo ed i suoi discendenti sarà benedetto e chi li maledice, maledetto. Vi auguriamo che possiate godere dei frutti del vostro lavoro in Israele, grande paese democratico e che i vostri figli ed i vostri nipoti possano vivere in pace e senza più alcuna minaccia da parte di nessuno. Quelle stesse minacce che oggi colpiscono anche le comunità cristiane in Medio Oriente e che dimostrano che chi minaccia non segue la strada che ci indica Dio.” Ora, ascoltando queste sincere parole del pastore Hagee, un po’ del mio atavico sospetto ebraico svanisce e mi chiedo, con un po’ più di fiducia, se non mi convenga pensare di avere nel mondo quasi due milioni di amici evangelici piuttosto che un mondo diviso tra semiti ed antisemiti.

(art. tratto da Shalom.it)