Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli

Cari amici, Meno di una settimana dopo aver assunto il ruolo di “ministro degli esteri” dell’Unione Europea, Federica Mogherini è andata in Israele, ha parlato con Netanyahu, Abbas, e con i capi di Hamas e se ne è uscita con due dichiarazioni (http://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/mediooriente/2014/11/08/mogherini-serve-uno-stato-palestinese_49206dd4-b1ec-4caa-bc37-fbcacc9d8880.html ) che io ho trovato sconcertanti: non tanto perché sono dalla parte di Israele, ma perché ho un attaccamento intellettuale ma anche passionale, diciamo pure sentimentale al buon senso. La prima è che “il mondo non tollererà una quarta guerra di Gaza”. Ohibò, il mondo tollera da tre anni il massacro in Siria (250 mila morti, altri mille alla settimana, 6 milioni di sfollati), il mondo tollera il caos in Libia, in Yemen, in Afghanistan (altre decine di migliaia di morti negli ultimi mesi) , il mondo tollera che lo Stato Islamico o califfato che sia ammazzi gli iracheni a migliaia, assedi città, non solo venda schiave le donne dei nemici ma stabilisca un tariffario che inizia dai 3 (ripeto tre) anni; ma non sopporterà una guerra a Gaza? E come farà a non tollerarla? Manderà l’esercito italiano, che ha fatto tanta bella figura a disarmare Hezbollah a togliere i razzi a Hamas? Spedirà il glorioso esercito olandese, quello che ha sgomberato Srebrenica lasciandola alle stragi serbe, con la sobria cerimonia di un brindisi fra il colonnello comandante olandese col macellaio Mladic prima che ammazzasse 12mila inermi che si erano messi sotto la protezione delle truppe dell’Onu (e immagino che gli abbia augurato buona fortuna)? O piuttosto andrà a fare un sit in coi suoi amici dell’Arci e della Cgil sulle piste delle basi militari israeliane per impedire che decollino gli aerei necessari a contrastare i razzi di Hamas? O prenderà lei il potere nella striscia e la trasformerà in un magnifico parco giochi, in cui tutti si vorranno bene e giocheranno a nasconderello? Sarebbe interessante saperlo. Perché tutti i segni, comprese le dichiarazioni di Hamas, fanno pensare che una nuova guerra di Gaza sia lontana solo qualche mese o un anno o due. E ci spiacerebbe proprio che la nostra Federica perdesse la faccia. Anche perché ha sostenuto che il modo di evitare una nuova guerra è tenere Hamas nel governo dell’AP, quando l’esperienza di questa estate mostra che un governo di tal fatta è esattamente la piattaforma per la guerra. La seconda dichiarazione sembra meno, diciamo, retorica e però dà anch’essa da pensare: “Ci vuole uno Stato palestinese, questo è l’obiettivo” . L’obiettivo naturalmente dell’Unione Europea. Se mi consentite è un obiettivo un po’ bizzarro. Su che base l’Europa si occupa di fondare stati fuori dai suoi confini, con che diritto lo fa? Potrebbe stabilire che il suo obiettivo è l’indipendenza della Patagonia o più concretamente del Tibet? Non è un atteggiamento un po’, diciamo, arretrato, o meglio, per dire la parola giusta “colonialista” ?. Potenze europee come la Francia e l’Inghilterra negli anni Venti del secolo scorso fondarono la Siria, l’Iraq, la Giordania (e sì, anche il Mandato di Palestina destinato a diventare Israele). Divisero l’Africa come il vestito di Arlecchino, fecero a pezzetti l’Estremo Oriente; ma ormai non usa più – non è vero? Ma ci sono tre aspetti da considerare per commentare questa dichiarazione. Il primo è che questo può essere l’obiettivo politico dell’Unione Europea (o della sua burocrazia, dato che i cittadini europei su questo “obiettivo non sono stati consultati) e certamente anche di Obama; ma ciò non lo trasforma affatto in un diritto. E’ un progetto politico, non un fondamento giuridico. Uno stato palestinese non c’era nel mandato concesso dalla Società delle nazioni nel 1922 alla Gran Bretagna (che però se lo ritagliò subito usandone il 70% del territorio per costruire uno stato per gli arabi del mandato, dono per il suoi protetti della dinastia hashemita che ancora vi regna, sotto il nome di Giordania). La proposta, peraltro non impegnativa, dell’Assemblea delle Nazioni Unite del ’47 fu respinta. Nei trattati di Oslo non si parla di “stato” palestinese, ma di “autogoverno” e “autonomia”, quello che oggi l’Autorità Palestinese ha già. Non esiste nessun obbligo giuridico di costruire questo stato. In secondo luogo, dire che lo stato palestinese “ci vuole”, è un “obiettivo” implica l’ammissione che tale stato non c’è. L’Italia o la Nuova Zelanda, perfino Israele, non sono obiettivi, ci sono a basta, come la scrivania su cui sto scrivendo. Sono fatti, non obiettivi. E allora che significa riconoscere lo Stato Palestinese, come ha fatto il governo svedese, ha votato il parlamento inglese e altri sembra vogliano fare? “Riconoscere” non è “auspicare”, “desiderare”, “volere”. Si riconosce qualche cosa che c’è. Ma qui ha ragione Mogherini, perché lo stato palestinese non c’è. In tempi non sospetti, nel 1933, e in un luogo molto neutro, Montevideo, si è pattuita una convenzione per stabilire che cos’è uno stato e quali sono i suoi requisiti. Se siete curiosi, la trovate qui (http://archiviovetlano.forumcommunity.net/?t=19585518 ) e qui (http://it.wikipedia.org/wiki/Convenzione_di_Montevideo ) il riassunto. Le caratteristiche principali di uno stato sono le seguenti: 1.Una popolazione permanente 2.Un territorio definito 3.Un potere di governo esclusivo 4.La capacità di intrattenere rapporti con altri stati. L’Autorità palestinese non soddisfa nessuno di questi criteri. Non ha una popolazione definita, dato che ambisce a rappresentare anche tutti i “rifugiati” che non si sa bene chi siano e dove; non ha un territorio suo, o meglio ambisce a un territorio diverso da quello che controlla anche parzialmente; non è un potere di governo esclusivo, dato che deve fare i conti almeno con Hamas all’interno e con Israele all’esterno e non può certo intrattenere i rapporti che vuole con altri stati, per esempio in materia militare. Detto fuori dai denti, chi ha il potere di fare dell’Autorità Palestinese uno stato, cioè di garantirle confini, popolazione residente ecc. è solo Israele, che ha il controllo del territorio. Perché dovrebbe farlo? Forse perché è l’obiettivo della Mogherini? No di certo, ma potrebbe accadere in seguito alle pressioni del mondo. Ma per Israele si tratterebbe di un sacrificio molto grave, della rinuncia di una parte del territorio che controlla e del suo affidamento a un movimento che ha – quanto meno – gravissimi precedenti terroristi, se non è ancora, come credono molti -quorum ego- una centrale terrorista. Che cosa ne ricaverebbe in cambio? Possiamo pensare davvero che l’ostilità che il mondo gli oppone si smonterebbe? E perché non è successo dopo Oslo con l’abbandono della zona A di Giudea e Samaria, dopo l’uscita dal Libano e da Gaza? Perché il mondo, se è così equanime, non ha praticamente reagito al terrorismo palestinese e ancora non lo fa? Possiamo davvero immaginare che una volta ottenuta la statualità e come vorrebbe anche Mogherini, la divisione di Gerusalemme (cioè l’erezione di un nuovo muro come quello che c’era fino al ’67, più violento e pericoloso di quello di Berlino, perché basato sulla pulizia etnica) i movimenti palestinesi si accontenterebbero e finalmente impedirebbero il terrorismo? E allora perché non lo hanno fatto dopo Oslo, dopo il ritiro di Gaza e dal Libano, anzi, tutto il contrario, hanno fatto dei territori ceduti basi terroristiche? E perché l’Autorità Palestinese esclude di firmare i due documenti essenziali a questo fine, il riconoscimento di Israele come stato della nazione ebraica e l’attestato di fine vertenza, quello che l’Austria fece con l’Italia dopo l’accordo dell’Alto Adige? Semplice, perché non intendono affatto finirla qui, come hanno spesso dichiarato. E allora perché Israele dovrebbe dargli lo stato, per rendere più comodi i loro attacchi? Ma ammettiamo che l’obiettivo della Mogherini sia così forte da diventare realtà. Come dovrebbe essere questo stato per non minacciare l’esistenza stessa di Israele? In altre parole, quali dovrebbero essere i limiti posti da Israele per non trasformare l’accordo in un suicidio? E’ semplice, si sa da tempo. 1. Israele non può cedere la valle del Giordano, perché è lì che ci si difende da Al Qaeda e dall’Isis, è lì che si bloccano l’arrivo delle armi ai terroristi, come per Gaza il confine con l’Egitto. Per la stessa ragione deve controllare i passaggi di frontiera con la Giordania 2. Israele non può cedere il controllo delle colline che sovrastano la parte centrale del paese (a 15 km dal centro di Tel Aviv, a 5 dall’aeroporto Ben Gurion, senza ritrovarsi una “Gaza 20 volte più grande”. Non può neanche abbandonare il Golan e le colline che circondano Gerusalemme, per la stessa ragione 3. Israele non può accettare che si formino enclaves terroriste, deve poter intervenire nel nuovo stato in situazioni di pericolo. 4. Israele non può ricollocare il 10% della sua popolazione senza distruggersi economicamente e socialmente. Le cittadine e i villaggi oltre la linea verde devono restare israeliani (anche perché mentre Israele accetta di avere il 20% di Arabi, l’Autorità Palestinese vuole un territorio Judenrein, senza ebrei, come lo voleva Hitler). 5. Israele non può cedere il controllo dello spazio aereo, perché la profondità di 50 km dalla frontiera con la Giordania viene percorso da un aereo militare in poco più di 2 minuti e i razzi di un eventuale bombardamento sarebbero rilasciati sul confine. 6. Israele non può abbandonare i luoghi della tradizione religiosa ebraica all’islamizzazione e alla distruzione che gli arabi hanno esercitato appena ne hanno avuto il controllo. Deve tenere dunque Gerusalemme, Hebron, la tomba di Rachele e altri luoghi centrali della storia di Israele. 8. Israele non può accettare un esercito palestinese armato e nemico senza avere la profondità strategica per difendersene. Il nuovo stato dev’essere disarmato (dunque anche senza i razzi di Hamas e il mantenimento di questa clausola dev’essere controllabile. E’ su questi temi che si è arenato il negoziato con Abbas. Perché lo scopo dichiarato del suo partito, Al Fatah, è la riconquista di “tutta la Palestina” dal Giordano al Mediterraneo. Cioè la distruzione di Israele. E queste clausole sono i paletti per impedire che questo programma possa procedere. Se queste condizioni non fossero osservate, l’obiettivo della Mogherini sarebbe non la costruzione di uno stato palestinese, ma la distruzione di Israele. E nessuno può essere obbligato al suicidio, tanto meno un popolo che due generazioni fa ha già subito un genocidio di proporzioni spaventose. Ci ha pensato Mogherini? Francamente non credo. Ma magari qualcuno dei miei lettori può fare arrivare queste considerazioni al nuovo ministro degli esteri italiano, Paolo Gentiloni, che mi sembra più lucido e competente, meno ideologico della nuova lady Pesc, che, come chi l’ha preceduta nella carica, la baronessa Ashton, ha il solo grande merito di non contare nulla, perché la politica estera la fanno gli stati nazionali. Con la speranza che qualcuno con la testa sulle spalle smetta di fare propaganda su questi temi e prenda in considerazione le necessità di sicurezza di un piccolo paese, circondato da nemici implacabili, enormemente più numerosi e ricchi, senza nessun rispetto per la vita umana.

(art. tratto da informazionecorretta)