di Claudia Balbi

Il progetto da 12 milioni di dollari per il restauro del museo ebraico e di tre sinagoghe di Venezia sarà completato entro il 2016 anno del 500o anniversario del ghetto. “Qualcuno ha detto che il Ghetto Veneziano del 1700 assomigliava alla Manhattan degli anni ’70. Entrambe piene di ebrei che davano il loro contributo alla società e alla cultura del paese in cui vivevano”. Proprio partendo da questa consapevolezza il presidente della Comunità ebraica di Venezia, Paolo Gnignati, da New York ha promosso il progetto per il restauro del Museo e delle tre sinagoghe del Ghetto di Venezia. “Il museo è un simbolo di una comunità ancora viva, che ha avuto un ruolo chiave nella cultura europea”, ha detto Gnignati. Lo spazio espositivo, dovrebbe essere terminato entro il 2016 in occasione dei festeggiamenti per i 500 anni dalla nascita del ghetto della Laguna. Il piano di rifacimento ideato dal Venetian Heritage Council, associazione no-profit che fa parte della Commissione Unesco per la salvaguardia di Venezia, è basato sul lancio di una raccolta fondi allo scopo di raggiungere la quota di 12 milioni di dollari. “Siamo positivi, in una settimana abbiamo raccolto un milione di dollari e chiunque vorrà potrà donare tramite il nostro sito” ha affermato Toto Bergamo Rossi, direttore del Venetian Heritage Council, “la soprintendenza dovrebbe approvare il progetto in quattro mesi, spero che nel giro di sei mesi aprano i cantieri”. I primi a rispondere alla chiamata dell’associazione e a stanziare dei fondi per il progetto sono stati il presidente e il vicepresidente di VHC, azienda che opera nel settore della tecnologia, rispettivamente Joseph Sitt e Diane von Furstenberg. Grazie all’operazione di fundraising promossa dal Venetian Heritage Council, il museo ebraico verrà restaurato e la sinagoga italiana, finora chiusa al pubblico, potrà essere collegata alle altre sinagoghe, quella tedesca e la sinagoga Cantoni. “Il museo verrà aggiornato anche dal punto di vista della sicurezza” ricorda Toto Bergamo Rossi, e come tiene a sottolineare Paolo Gnignati “potrà essere un posto di incontro e di riunione per l’intera comunità, perché fare un museo non significa solo salvaguardare il passato ma anche guardare al futuro”.

(art. tratto da America24)