I.B.: Il prossimo mese sarai con noi a Catania per il 13° Raduno Nazionale EDIPI, alla vigilia di una recrudescenza nello scenario arabo-israeliano con il pericolo di una III intifada; qual’è la tua posizione?

A.M.: Io credo nella riconciliazione. L’unica speranza per lo Stato d’Israele è che gli Arabi e gli Ebrei si riconcilino e diventino un Solo Uomo Nuovo nel Messia.

I.B.: Questa tua convinzione viene da un vissuto particolare che hai avuto con la tua famiglia fin dagli inizi dello Stato di Israele. Ce lo vuoi raccontare?

A.M.: Nel 1947, quando Israele era ancora sottoposto al dominio britannico, mio padre arrivò sulle coste di Tel Aviv a bordo di una nave proveniente dalla Bulgaria. Fu immediatamente arrestato e imprigionato perché a quel tempo agli Ebrei non era permesso di entrare in questa terra. Dopo un anno venne rilasciato e combatté nella Guerra d’Indipendenza. La famiglia di mia madre arrivò in nave dalla Bulgaria, nel 1948. Il quel periodo tutte le persone che immigravano in Israele dalla Bulgaria, dalla Turchia, dalla Grecia, da Cipro e dagli altri paesi, venivano sistemate in tende o nelle case abbandonate dagli Arabi a Jaffa. Io nacqui proprio a Jaffa e fui allevato in questa città. I miei genitori parlavano il ladino o lo spagnolo; mia mamma parlava anche l’arabo con i nostri vicini. Cominciai a frequentare una scuola per studenti Ebrei e Arabi. La vita in Israele durante gli anni 50′, era molto dura. Non c’erano opportunità di lavoro e i viveri scarseggiavano. Era ancora più difficili per i miei genitori, perché loro non conoscevano bene l’ebraico. Dopo la nascita della maggiore delle mie sorelle, mia madre cadde in depressione molto profonda. Era tornata nella sua patria, ma si ritrovava senza lavoro, senza provviste, senza la possibilità di comunicare bene in ebraico e per di più, suo marito si era arruolato nell’esercito lasciandola da sola con un bambino. Non riusciva proprio a tirare avanti, e arrivò perfino a considerare l’opzione del suicidio. Poi, qualcuno gli disse che c’era un rabbino, che forse avrebbe potuto aiutarla. Lei si recò alla Sinagoga per incontrarlo. Non appena ebbe terminato le sue preghiere del mattino, il Rav. Daniel Zion si diresse verso di lei e la salutò, cominciando a parlarle in spagnolo. Mia madre gli disse che non voleva continuare a vivere e che era molto depressa. Lui pose le sua mani sulle spalle di mia madre, pregò per lei e le diede un libro. Le disse: “leggi questo libro sta sera, e torna a vedermi domani.” Quel libro era il Nuovo Testamento. Mia madre lo lesse e Yeshua toccò il suo cuore quella stessa notte. Lei diede la sua vita al Signore e venne alla fede. Il giorno successivo tornò dal Rav, Daniel piena di gioia. Presto si unì al gruppo di studio biblico che il rabbino conduceva segretamente. Alcuni anni più tardi anche mio padre divenne un credente.

I.B.: La storia del Rabbino Daniel Zion meriterebbe di esser trattata, più ampiamente, a parte, ce la vuoi comunque sintetizzare?

A.M.: In effetti il racconto della conversione del Rav. Daniel Zion è una storia formidabile. Lui era il Rabbino Capo della Bulgaria negli anni 40′. Un suo amico, che era un prete nato di nuovo, diede al Rav. Daniel una Bibbia affinché la leggesse. Il rabbino strappò il Nuovo Testamento dalla Bibbia e disse al suo amico che non avrebbe letto quella parte. Il suo amico replicò:”No, devi assolutamente leggerla. E’ un libro ebraico ed è molto interessante. Se poi non ti piace potrai ridarmelo.” Daniel Zion accettò la sfida e lesse il libro , scoprendo che la Bibbia era davvero un libro ebraico! Lo toccò così profondamente che si inginocchiò accanto al suo letto e pregò al Dio di Abraamo, d’Isacco e di Giacobbe di mostrargli la verità. Poco dopo, Yeshua gli apparve e il Rav. Daniel capì immediatamente che Lui era il Messia. Il Rav. Daniel Zion era un personaggio molto popolare e influente i Bulgaria. Quando i Nazisti stavano esigendo la deportazione degli Ebrei, lui scrisse una lettera personale al re Boris della Bulgaria, nella quale affermava che se il re avesse cooperato con i Nazisti, Dio avrebbe domandato conto del sangue degli Ebrei dalle sue mani. E’ un fatto storicamente risaputo che il re Boris rimandò indietro a Hitler i treni vuoti. Fu così che la maggior parte degli Ebrei in Bulgaria sfuggirono ai campi di concentramento.

I.B.: La tua conversione a Yeshua fu comunque successiva a quella di tua madre e tua sorella, come andò in particolare la cosa?

A.M.: Io prestai servizio nella Forza Aerea israeliana per quattro anni, dopo il servizio di leva nell’Aviazione, andai in America per visitare mia sorella. La mia intenzione era quella di esplorare gli USA, di andare a Las Vegas, di fare tanti soldi e di non tornare più in Israele. Una sera mia sorella, che era credente, mi invitò ad accompagnarla in chiesa. Io non volevo andarci. I monaci, le suore, i monasteri avevano tutti a che fare con il Cristianesimo e io non volevo avere niente a che fare con quello stile di vita, ma mia sorella mi convinse ad andare e alla fine la seguii in chiesa. Rimasi sconvolto da quello che scoprii. Mi accorsi che erano persone che avevano un vero amore per Dio, per Israele e per il popolo ebraico. Venni provocato ad una forte gelosia. Quando una delle sorelle presenti parlò dell’amore di Dio, il mio cuore fu colpito. Quella notte, mi rinchiusi nella mia stanza e invocai il Signore chiedendo il perdono e la redenzione dei miei peccati. Fu così che diedi la mia vita a Yeshua e lo accettai come mio personale Salvatore.

I.B.: L’incontro con Yeshua stravolse i tuoi piani esistenziali, cosa successe infatti dopo?

A.M.: La decisione della mia vita cambiò con quella decisione. Mi iscrissi ad una scuola biblica e poi tornai in Israele. Mi trasferì a Tel Aviv e iniziai a ministrare a tempo pieno in una delle congregazioni locali. Per diversi anni, fui pienamente coinvolto nei programmi nazionali di evangelizzazione. Tramite questi programmi, lavorai insieme a molti altri credenti arabi a Haifa e nei dintorni.

I.B.: Si potrebbe definire un efficace apprendistato spirituale alla luce di quanto stai realizzando ora per l’avanzamento del Regno di Dio.

A.M.: Si, vivo infatti con la mia famiglia in un insediamento ebraico situato all’interno di Tel Aviv. Credo che Dio ci abbia portato qui al fine di pregare per la città più popolata di Israele. Tel Aviv è il centro del commercio, degli affari, della moda e dello spettacolo. E’ anche un posto al quale accorrono molte persone per trovare lo scopo e il significato della vita. E’ un posto importante, e Dio mi ha guidato a proclamare la Buona Novella di Yeshua in questa città. Attualmente sono uno dei pastori della Congregazione Adonai Roi( Il Signore e il mio Pastore) e il Direttore Esecutivo del Centro Messianico per l’Evangelizzazione Dugit, a Tel Aviv. Dugit – una parola ebraica che significa – piccola barca da pesca – è un ministero che cerca di raggiungere le persone per le strade di Tel Aviv mediante la musica, danza, teatro, volantini e l’evangelismo personale. Il Centro Digit è situato proprio nel centro della città; è un posto dove le persone possono visitarlo in ogni momento per trovare ristoro e comunione. Questo ministero distribuisce anche una varietà di materiale e risorse per l’edificazione del corpo del Messia. Dugit è davvero un faro per le pecore smarrite della casa d’Israele.

I.B.: E’ veramente incoraggiante tutto questo e hai qualche testimonianza in particolare da comunicarci?

A.M.: Nel corso degli ultimi anni, questi due ministeri hanno agevolato e favorito molte occasioni di riconciliazione tra Arabi e Ebrei. Una giovane ebrea, stanca della religiosità stava cercando di capire intensamente il significato della sua fede in Dio. Lesse un articolo su un giornale, nel quale, alcuni gruppi anti-missionari accusavano i movimenti messianici e avvertivano le persone a non visitare il locale Dugit, al n.° 43 di Fishman Street di Tel Aviv. Questo avvertimento risvegliò la sua mente curiosa e venne da Gerusalemme per “dare un occhiata”a questo posto. Si da il caso che quel giorno, una giovane credente araba stesse raccontando la storia del suo incontro con Yeshua e della sua scelta di dare la sua vita a Lui. Questa testimonianza di una credente araba che credeva nel Messia Ebraico , tocco questa giovane ebrea così profondamente che diede, a sua volta, la vita a Yeshua. Queste due ragazze avendo entrambe sperimentato un incontro con Yeshua, svilupparono un’amicizia duratura.

I.B.: Un bell’esempio di come la questione arabo-israeliana si possarisolvere con l’unico denominatore comune: Yeshua! Ma come pensi si possa incentivare questa strategia?

A.M.: Spesso cediamo il nostro pulpito ai pastori arabi provenienti da diverse regioni del paese. Regolarmente realizziamo dei programmi di scambio co una congregazione araba di Jaffa. Spesso celebriamo degli incontri di preghiera congiunti e celebriamo la Cena del Signore insieme. Nella nostra congregazione abbiamo anche dei membri palestinesi; uno di loro proviene dalla Riva Occidentale e da un ambiente musulmano. E’ strano vedere un arabo palestinese in una congregazione di lingua ebraica ed è sicuramente un grande incoraggiamento vedere Ebrei e Arabi insieme che adorano. Quando andiamo ad evangelizzare per la strada con i credenti arabi della nostra comunità, la gente ci guarda sbalordita e perplessa; rimane sconvolta quando vede degli Arabi ed Ebrei che condividono insieme l’amore di Yeshua. Questo è un esempio vivente che gli Ebrei e Arabi possono effettivamente amarsi ed accettarsi a vicenda e insieme essere una benedizione in mezzo alla terra. Personalmente ho viaggiato in diverse occasioni con degli Ebrei messianici e con dei credenti arabi in altri paesi del Medio Oriente, per ministrare come unico corpo. Sorprendentemente, Dio si è servito di noi credenti provenienti da questo paese come costruttori di ponti nella regione. Proviamo una grande gioia per il modo in cui Dio ha operato in mezzo a noi per guarire e rettificare i nostri cuori, individualmente e collettivamente.

I.B.: E’ veramente un lavoro importante quello che state portando avanti; quali sono i problemi più imminenti ed importanti?

A.M.: La messe è pronta e gli operai sono pochi. Abbiamo bisogno di persone impegnate nel ministero a tempo pieno. Le persone sono smarrite e hanno fame della Parola di Dio. Questo è un tempo buono per diventare pescatori di uomini. Negli ultimi mesi, a dispetto dell’agitato clima sociale che si respira, abbiamo visto moltissime persone rivolgersi a Dio e accorrere a Lui. Ogni congregazione ha sperimentato la crescita dei propri ministeri. Ci viene ripetuto in continuazione che i locali di culto non sono abbastanza spaziosi e che servono più collaboratori nelle congregazioni. Questo significa che il raccolto è maturo. Migliaia di musulmani stanno venendo a Yeshua. In mezzo a questo conflitto, Dio si servirà di noi per abbattere lo spirito dell’Islam. Dobbiamo pregare con fervore per il pieno adempimento degli scopi di Dio in questo periodo cruciale. Stiamo vivendo in un tempo di grazia, questo è il momento giusto per ravvedersi. Questo è il tempo in cui il Corpo di Cristo deve radunarsi per intercedere. Questo è il tempo giusto per costruire delle relazioni con il corpo in Israele – Ebrei e Arabi – intercedendo in preghiera per la Pace di Gerusalemme. Dobbiamo pregare che nasca un risveglio in questo paese e che si propaghi per tutto il Medio oriente. Questo evento cambierà il mondo. Credo che accadrà presto. Io credo nella riconciliazione. Credo che la riconciliazione tra gli Arabi ed Ebrei, mediante il Messia possa portare la Pace a questa terra. L’unica speranza per lo Stato d’Israele è che gli Arabi ed Ebrei si riconcilino e diventino un Solo Uomo Nuovo nel Messia.

I.B.: Il ministero Dugit di Tel Aviv, la Road Map biblica della riconciliazione, per saperne di più arrivederci a Catania dal 6 all’8 dicembre nel 13° Raduno Nazionale EDIPI.

A.M.: Si arrivederci a Catania, con mia moglie Chaja porterò fresche e buone notizie da Israele. Shalom.

(nella foto Avi con la moglie e tre delle quattro figlie)