Caro Direttore, ho letto con delusione l’articolo di Renzo Guolo pubblicato lunedì sul suo quotidiano. L’autore insiste a mettere in correlazione questioni politiche che sono oggetto di contenzioso fra Israele e i Palestinesi. Critica il legame delineato dal primo ministro Netanyahu fra l’attentatore palestinese dì Gerusalemme e l’Isis. Ma è evidente a qualsiasi persona avveduta che l’utilizzo dì camion come mezzi per compiere attentati di massa non viene fuori dal nulla, e che l’attentatore ha bensì tratto ispirazione dai simili attentati compiuti a Berlino e a Nizza. Inoltre, l’attentatore ha ripetutamente espresso simpatia e solidarizzato con l’Isis sui social network, e, come noto, un attentato “in stile Isis” non richiede certo alcuna “ufficiale” affiliazione all’organizzazione. Quanto invece alla distinzione operata dall’autore fra Hamas, che ha festeggiato l’attentato terroristico a Gerusalemme, e Isis, è bene ricordare che Hamas è riconosciuta come organizzazione terroristica da Ue e Usa e che essa è responsabile dì molte centinaia di vittime di attentati terroristici in ristoranti, autobus, locali, discoteche, hotel. Il fatto, inoltre, che vi siano delle divergenze ideologiche fra Hamas e Isis, come ve ne sono fra Isis e Al Qaeda, o fra decine di altre organizzazioni jihadiste attive nel mondo, non vuol dire affatto che Hamas non costituisca un ulteriore ramo di quello stesso albero avvelenato che è l’Islam radicale jihadista, che predica il terrorismo per l’uccisione di persone innocenti. Tengo a sottolineare, infine, che Israele e il suo governo chiaramente non sono immuni da critiche. Un aspro e lungo dibattito sulla questione israelo-palestinese è in atto anche in seno alla società israeliana. La soluzione del conflitto israelo-palestinese è un interesse di entrambe le parti, e non sono certo necessarie prediche di morale. Il tentativo di estrapolare una questione di una contesa, nello specifico quella degli insediamenti, di isolarla e trasformarla nell’unica questione su cui si fonda il conflitto israelo-palestinese è illusorio nel migliore dei casi, o nel peggiore è malafede. Vi sono molte altre questioni: Gerusalemme, il riconoscimento del diritto del popolo ebraico a uno Stato sovrano, il diritto del ritorno, i confini, la campagna d’istigazione palestinese alla violenza, le esigenze di sicurezza. All’autore non verrebbe mai in mente di affermare che una delle suddette questioni, che stanno tanto a cuore agli israeliani (come l’istigazione palestinese alla violenza, o la sicurezza, per esempio), possa costituire una giustificazione per qualsiasi azione terroristica da parte di un cittadino israeliano contro il popolo palestinese. Quando, malauguratamente, anche a margine della società israeliana dei civili hanno agito con estrema violenza o terrorismo nei confronti dei nostri vicini palestinesi, l’establishment e la società israeliana tutta hanno condannato e non festeggiato, e il sistema giudiziario ha processato e punito i responsabili con la dovuta severità. Non si può considerare il terrorismo con una doppia morale, perché il terrorismo è terrorismo, senza alcuna giustificazione, e, come ha ribadito il Presidente del Consiglio Gentiloni, «dovunque colpisca il terrorismo, colpisce tutti noi. Per questo continueremo a combatterlo senza tregua».

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