di Guglielmo Maccioni

 Riceviamo e pubblichiamo da Guglielmo Maccioni

Ero un moccioso terzomondista. Correva l’anno 1988, ero un moccioso liceale con un bel paio di occhiali manichei sul naso. Ero semplicisticamente convinto che il mondo si dividesse in buoni e cattivi e che i primi fossero quasi sempre i più poveri. Quando iniziò la Prima Intifada fu facile scegliere da che parte stare, troppo calzanti nel ruolo di cattivi quei Merkava d’acciaio teneramente ronfanti sotto la pioggia di sassi lanciati dai poveri giovani palestinesi. Intifada vincerà! si gridava nei cortei. Poi ci annoiò pure quella guerriglia lontana la cui eco lentamente scemava e tornammo ad assopirci nel nostro cazzeggio di provincia. Durante gli anni universitari a Firenze il conflitto mediorientale mi interessò occasionalmente e tutt’al più lo giudicavo una bega fra due popoli esaltati dalla religione. La svolta fu la tesi, tema la piazza antistante il Muro del Pianto.

Prima di progettare mi dovetti approcciare alla storia del sito e dunque del popolo ebraico. Tomo dopo tomo la passione per quei luoghi intrisi di Fede e Leggenda crebbe e si saldò con il mio vecchio interesse per la Storia. Mi ci volle tempo e studio, tanto studio ma, come per altre spinose faccende solo facili in apparenza, mi resi conto che il problema israelo-palestinese non era affatto l’ultimo sopruso coloniale che certa retorica terzomondista dipingeva e al quale tutt’oggi, per insipienza o ignoranza molta gente continua a credere. Addirittura mi resi conto che veniva e viene usato da estrema destra ed estrema sinistra per riproporre, dipinti a nuovo, i vecchi e secolari stereotipi antisemiti (assassini di bambini, avvelenatori di pozzi, ricchi, tirchi, usurai, massoni, razzisti al contrario eccetera eccetera in un lento sprofondare nella melma del pregiudizio).

Venni a sapere della tassa che gli ebrei – popolazione predominante a Gerusalemme da sempre – dovevano pagare ai musulmani per pregare al Muro del Pianto, venni a sapere di come l’emigrazione ottocentesca di migliaia di perseguitati dall’est Europa, di estrazione socialista, produsse un positivo shock economico anche per le scarse popolazioni locali in Terrasanta, da secoli vessate da pascià medievali. Venni a sapere che Tel Aviv è stata fondata dagli ebrei cacciati da Giaffa ma il suo nuovo porto produsse ricchezza per tutti, arabi compresi.

Continua a leggere su linformale.eu