Qualche anno fa è comparso in Italia un “Dizionario di teologia evangelica” di più di 800 pagine. Ebbene, se qualcuno, tra le oltre 700 voci elencate nel dizionario, cerca il termine “Israele”, non lo trova. Non c’è. Non è strano? Dovrebbe essere, ma evidentemente non per tutti. Così, quando mi è ricapitato in mano un “Dizionario del pensiero protestante” (ed. Morcelliana) che da tempo non consultavo, sono andato subito a cercare la voce “Israele”. Ebbene, c’è. Ho tirato un sospiro di sollievo. Anche se nell’originale tedesco “Theologie für Nichttheologen” l’articolo è apparso nel 1966, cioè prima della guerra dei sei giorni, vale la pena di rileggerlo, sia per quello che è ancora valido, sia per quello che oggi è superato dai fatti. M.C.

di Karl Heinrich Rengstorf

Oggi Israele è sulle bocche di tutti. Appena si pronuncia la parola di regola è subito chiaro di che si tratta. Penso ci dovrebbero esserci molto poche persone che non seguono, con interesse, la marcia del giovane Stato d’Israele, chiamato in vita nella primavera del 1948, dopo una lunga storia, piena di vicissitudini e che, da allora, ha avuto un stupefacente sviluppo sotto ogni riguardo. Il numero dei turisti cresce continuamente. In realtà ciò che si può vedere e sentire in Israele, fa parte degli avvenimenti più sorprendenti finora, di questo nostro sec. XX non certo povero di vere sorprese di ogni genere. Un popolo che, per molte e molte generazioni, era stato disperso nel mondo e per la sua sopravvivenza, in pratica, poteva esclusivamente contare sul culto delle sue speciali tradizioni religiose, riconquista la terra dei suoi padri e la trasforma, in meno di una generazione, da un territorio apparentemente e irrimediabilmente sottosviluppato in una nazione di cultura e civiltà che non ha l’eguale in tutto il Medio Oriente. Continua a leggere su Notizie su Israele