E’ una caratteristica di certi dibattiti culturali di presentare la posizione avversa in forma di una presentazione storica di quello che è accaduto nel passato, con particolare accentuazione delle distorsioni, esagerazioni, strumentalizzazioni avvenute. Accade così anche oggi per la questione dei vaccini. Esempio: poiché “già nel XIX secolo i vaccini erano considerati lo strumento di una cospirazione mondiale ebraica per indebolire il «corpo nazionale» tedesco”, chi oggi solleva obiezioni contro la vaccinazione, diventa solo per questo in odore di antisemitismo. Oggi la cosa diventa tanto più possibile proprio perché Israele è riconosciuto come la nazione di punta in fatto di politica delle vaccinazioni. Ed è proprio questo un aspetto preoccupante della cosa. Per due motivi.
Primo, perché proprio questo primato faciliterà il diffondersi di nuove spiegazioni malefiche di questo successo. Chi scrive sa che voci di questo tipo (che già si sono sentite) sono false, ma sa anche che le voci false contro gli ebrei hanno una forza distruttiva reale. Anche chi ama Israele e crede nell’efficacia dei vaccini avrebbe dovuto preferire che a quel risultato non arrivasse per primo e quasi isolato Israele.
Secondo, il fatto che proprio Israele, per ottenere quel risultato, abbia pensato di dover fare ricorso a misure sempre più limitanti della libertà è qualcosa di estremamente pericoloso per tutti, israeliani e non. Perché questa pratica tenderà ad estendersi a tutte le nazioni e in tutti gli aspetti della vita. E il fatto che vi abbia fatto ricorso in modo esemplare Israele sarà per gli antisemiti una conferma del carattere malefico di quella nazione e per i benpensanti del politicamente corretto una motivazione nobile per l’estensione di queste forme di controllo ad ogni nazione.
Queste sono timori di realtà possibili oggi, per fugare i quali è inutile e strumentale fare riferimento a esempi storici di ieri. Si dice che questa pandemia è una realtà nuova, nella forma e nell’estensione, e poi per supportare la tesi della vaccinazione ci si appoggia a fatti avvenuti nel passato come se fossero prova indiscutibile che qualcosa dello stesso tipo debba avvenire anche oggi. La “scienza” con cui si maneggiano i fatti legati al vaccino è molto discutibile, perché è sostanzialmente di tipo statistico. E nel modo in cui viene usata ha assunto ormai i caratteri di una religione. Bisogna credere. Credere che i risultati ottenuti sono i migliori possibili, che il solo metterli in dubbio è segno di qualche distorsione della mente o della volontà. Nel migliore dei casi la resistenza al vaccino è considerata un’infrazione alla morale civica che impone di esprimere la proprio adesione al corpo sociale mediante l’atto pubblico della vaccinazione. Per la società pandemica di oggi la vaccinazione è diventata ormai in termini ebraici la circoncisione e in termini cristiani il battesimo. Senza di che le porte della società si chiudono. Qualcosa su cui riflettere ci dovrà pur essere. Marcello Cicchese

Notizie su Isrele del 14 marzo