L’operazione di salvataggio di 70 anni fa da Venezia verso Israele di quasi 800 ebrei salvati dai campi di sterminio nazisti

Il 5 novembre di 70 anni fa la nave Kadima, con 794 profughi ebrei, partiva clandestinamente da Pellestrina, Venezia, verso Israele. Era una delle più di 100 “carrette del mare” acquistate dalla Agenzia Ebraica con i fondi del Keren Hayesod. Una delle operazioni umanitarie più avventurose della storia di Israele in cui l’Italia ebbe un ruolo fondamentale. Parliamo della Alia Bet. Un’epica operazione volta al salvataggio di decine di migliaia di ebrei europei. Prima si trattò di una corsa contro il tempo mentre si stringeva la morsa nazista. Poi, dopo la Shoah, si trattò della grande mobilitazione della Comunità Ebraica mondiale sotto la guida dei servizi segreti del nascente Stato di Israele. Migliaia di sopravvissuti ebrei alla Shoah si trovarono alla liberazione dei campi senza più futuro, senza più famiglia, senza riferimenti. Molti tra loro erano giovani, molti bambini nascosti dai genitori che erano stati avviati allo sterminio. Insomma un dramma umanitario di grandi dimensioni che le potenze alleate trattarono con i mezzi possibili. Ovvero spesso dai campi ai campi. Certo senza più torture e uccisioni ma sempre campi. Fu la grande sfida cui rispose la comunità ebraica e lo fece con grande determinazione e immensa creatività. Il primo ostacolo veniva proprio dai liberatori. Infatti la terra di Israele era sotto il controllo britannico. E quindi si applicavano le leggi di contingentamento della immigrazione ebraica il cosiddetto “libro bianco”. Purtroppo per gli ebrei, dopo la guerra, le autorità britanniche ebbero anche il controllo di coste e porti del Mediterraneo meridionale. In particolare dell’Italia. Qui stazionava però la Brigata Ebraica che, per gli strani giochi del destino e della Storia, aveva combattuto la guerra con l’esercito britannico contro i nazisti, ed ora si trovava ancora sul campo di battaglia dopo la sconfitta nazista. Proprio dall’Italia dunque si organizzò una grandissima operazione di immigrazione in Israele che si protrasse dal 1945 alla metà del 1948, caratterizzata dalla necessità della clandestinità e sempre sotto copertura, operazione in cui i servizi segreti israeliani ebbero un importante esordio. Più di 25.000 profughi passarono attraverso l’Italia e presero il mare dalle sue coste talvolta dopo aver passato lunghi periodi di ritorno alla vita in comunità gestite dalla Agenzia Ebraica, ad esempio Selvino (Bergamo), o ville di campagna nei pressi delle grandi città come villa Mayer (Tradate), colonie marine e appartamenti nascosti. O anche dopo essere transitati sulle Alpi e raggruppati alla spicciolata per l’imbarco. Una parola a parte meritano le navi della Alia Bet non a caso definite “le carrette del mare”. Si trattava di vecchi peschereggi comprati dalla Agenzia Ebraica e sommariamente adattati al trasporto di persone. Due ingegneri ventenni milanesi, Gualtiero Morpurgo e Mario Pavia, avevano anche trovato un ingegnoso e economico modo di trasformare l’interno delle stive in dormitori con l’utilizzo dei tubi per i ponteggi. Operazione che avveniva in baie e cantieri nascosti. Ad esempio a Portovenere nel caso della nave Exodus 1947, che trasportò poi quasi 5000 profughi verso Israele e che gli inglesi costrinsero a ritornare in Europa. Gli equipaggi erano costituiti da giovani volontari addestrati alla navigazione nella scuola della Marina Militare italiana di Civitavecchia. Furono poi i primi marinai della Marina Militare di Israele. Erano accompagnati da volontari americani, e da soldati del Palmach. Insomma una operazione complessa, molto costosa, che richiese alle scarse risorse degli ebrei uno sforzo moltiplicativo enorme che mise in moto il futuro della IDF. Torniamo all’Italia. Va ricordato qui l’unanime appoggio della popolazione e dei suoi rappresentanti politici di ogni colore alla salita degli ebrei in Israele. È stato poco ricordato negli anni. Ma ferma intenzione del Keren Hayesod Italia promuovere la memoria di questo periodo. Tutte le coste italiane furono intereressate dal fenomeno della Alia clandestina. In particolare la Liguria, La Spezia, il Golfo di Gaeta, la Puglia, e Venezia. Nel novembre del 1947 dall’isola lagunare di Pellestrina, prendevano il mare 794 ebrei sulla nave ribattezzata Kadima. Sotto il comando di Zvi Rotem oggi novantunenne e intervistato per l’occasione dal Keren Hayesod in un simpatico filmato storico presto disponibile sul sito www.khitalia.org

Sempre da Pellestrina partirono altre due navi nel 46 e nel 48 per un totale di circa 1500 profughi. Per anni di questo evento si è parlato poco. Solo gli studiosi conoscevano i fatti. La Kadima venne intercettata dagli inglesi, fatta approdare a Haifa e i passeggeri imbarcati per Cipro per esservi detenuti per immigrazione clandestina. Oggi il Keren Hayesod Italia ha deciso di riportare all’attenzione dei media, e quindi di tutti, questi fatti storici. Lo sta facendo tra l’altro con una mostra, organizzata dalla Comunità Ebraica di Venezia al Museo Ebraico, destinata a girare l’Italia. Lo ha fatto domenica 26 marzo su invito del Keren Hayesod con una cerimonia all’Isola di Pellestrina con un’alzabandiera accompagnata dalla Hatikva, cantata tra i brividi di commozione dai più di 100 ospiti venuti da tutta Europa con l’ambasciatore Ofer Sachs e tanti cittadini veneziani tra cui la Vice Sindaco Luciana Colle e la presidente del Consiglio Comunale. Una emozione incredibile sottolineata dall’ambasciatore Ofer Sachs e da Andrea Jarach che ha voluto leggere i nomi dei principali amici di Israele in quegli anni del dopo guerra, nomi ricordati dalla responsabile della Alia Bet dall’Italia, Ada Sereni nella prefazione del suo libro “i clandestini del mare” (Mursia); un libro questo da raccomandare a tutti. “Un debito di riconoscenza abbiamo in particolare con il capo della polizia Luigi Ferrari, il capo dell’ufficio affari generali del Ministero degli Esteri Vittorio Zoppi, il capo delle autorità portuali Antonio Bisconti, e il capo del Servizio Informazioni della Marina Antonio Calosi”. Per l’occasione presenti Lea Taragan, una israeliana che, allora profuga, aveva solo 8 anni, ma ricordava bene le emozioni del viaggio. Il generale (e ministro di Israele) Yossi Peled che ha fatto piangere anche i più duri tra i presenti raccontando la storia della sua infanzia di bambino figlio della Shoah, arrivato anche lui in Israele con le navi della speranza. C’era anche chi ha aperto gli armadi dei ricordi e ha risposto all’appello lanciato dal Keren Hayesod tramite i quotidiani e i social media. Come Carla Ballarin figlia di un motorista di Pellestrina, più volte “assunto” dal Mossad per gestire le navi. O il sig De Poli che ha ricordato la attività del cantiere navale vicino a casa sua per allestire le navi. Vasta eco ha avuto l’evento sulla stampa veneziana che ha apprezzato l’iniziativa del Keren Hayesod per una memoria doverosa di un evento felice volto al futuro. Ha commentato Andrea Jarach, presidente del Keren Hayesod “è importante che gli italiani sappiano della nostra gratitudine come popolo ebraico, con le navi della speranza sia il popolo italiano che le autorità furono solidali con il popolo ebraico e gli italiani divennero anche loro protagonisti della nascita di Israele”. Il centro di comando della operazione del Mossad era a Milano nella mitica sede della Comunità Ebraica nel dopoguerra in via Unione. A gestirla fu Ada Sereni. Originaria di Roma e grande sionista era stata dislocata a Milano dalla Agenzia Ebraica per gestire il ritorno clandestini dei profughi ebrei verso la Terra di Israele. Le sue conoscenze politiche le consentirono più volte di risolvere situazioni delicate. Fondamentale fu il ruolo della Brigata Ebraica i cui uomini di giorno prestavano servizio nell’esercito britannico e di notte lavoravano per l’immigrazione clandestina ebraica in violazione delle quote imposte dagli inglesi.