di Ugo Volli

Nei giorni scorsi Facebook ha sospeso parzialmente l’account ufficiale di Netanyahu in seguito a un post in cui il Primo Ministro di Israele invitava chi avesse dei dubbi sul vaccino anti-Covid a fargli avere il suo numero di telefono, dicendo di essere disposto a chiamare i perplessi e a cercare di convincerli. Si trattava di un gesto politico, che rientra nella campagna del governo israeliano per diffondere al massimo e in fretta la vaccinazione anti-Covid: una campagna che in tutto il mondo è stata lodata come esemplare. Ma a Facebook il post non è piaciuto perché, a giudizio di qualche anonimo suo funzionario, invitava a comunicare contenuti sensibili. O forse era giudicata una “fake news”. E Netanyahu, si sa, ai funzionari del “politically correct” non piace affatto. E’ un piccolo episodio, in rapporto a quel che è accaduto in America con il “deplatforming” completo di Trump e dei suoi principali collaboratori, ma merita di essere una riflessione. Si è diffusa negli oligopolisti della rete (Twitter, Amazon, Google, Apple, Facebook) la convinzione di potere o addirittura di dover essere giudici del pensiero e dell’espressione, giudici naturalmente dediti al vero, al giusto, e al buono, ma da nessuno nominati, senza leggi da rispettare se non quelle eventualmente stabilite da loro, senza revisioni possibili o gradi ulteriori di giudizio se non quelle che abbiano autonomamente istituito. Continua a leggere su Notizie su Israele