Recensione di Giorgia Greco

Una nuova casa editrice, Acquario, nata dall’impegno e dalla determinazione di Anna Foà e di Marco Sodano con titoli di qualità e con un progetto che mira ad esplorare diversi linguaggi, annovera fra le sue pubblicazioni uno dei libri più intensi e originali del 2021 “L’estate di Aviha” di Gila Almagor, interprete di spicco del cinema e del teatro israeliano. Pubblicato nel 1985, tradotto in venti lingue e adottato nei programmi scolastici di Israele, L’estate di Aviha è un libro autobiografico che ha avuto una pregevole trasposizione cinematografica nel 1988 per la regia di Eli Cohen. Ispirato alla vita dell’autrice il romanzo racconta l’estate di una bambina di dieci anni Aviha – un nome insolito che significa “il padre di lei” – e della madre, una donna con disturbi mentali, in un villaggio di immigrati arrivati da poco dall’Europa nell’Israele degli anni ’50. Aviha è una ragazzina che, come la stessa Gila, si trova ad essere madre di sua madre vivendo ruoli scambiati. Capisce che deve proteggerla dalle emozioni intense, dall’impatto con gli estranei ed esserle accanto durante le crisi e nella somministrazione di medicinali.