La coincidenza non è di quelle da poco: sto scrivendo la segnalazione del libro di Wilson il 27 gennaio, vale a dire in quello che ormai è “Il giorno della memoria”. Anch’io, come cristiano e come cristiano evangelico, mi sento particolarmente toccato da questa data: questa mattina al culto abbiamo ricordato la ricorrenza con una breve riflessione; durante la giornata rifletteremo insieme anche grazie alla proiezione di un film.
Ho avuto il privilegio di crescere in una famiglia evangelica che senza esasperare i toni ha sempre nutrito un’attenzione che definirei soft per la questione ebraica; fin da piccolo mi fu chiaro, al di là delle interpretazioni escatologiche, il dramma morale e teologico dell’olocausto.
Dunque quale migliore occasione per “presentare” questa encomiabile iniziativa editoriale, vale a dire la traduzione in italiano del libro di Wilson, eminente studioso di uno dei più prestigiosi college evangelici americani, il Gordon di Whenam nel Massachusetts. Ho messo tra virgolette presentare, in quanto una recensione approfondita del testo richiederebbe ben altro spazio.
A scapito di ciò che è detto in varie parti, il libro non è una novità assoluta, premesso che si tenga conto non del piccolo panorama evangelico italiano e che ci si concentri sul sottotitolo, vale a dire la riscoperta delle radici ebraiche della fede cristiana.
Infatti bisogna ricordare che nella comunità scientifica più ampia, questa riscoperta è già a uno stadio avanzatissimo e può contare sui lavori ormai divenuti classici, tra gli altri, del cattolico svizzero Clemens Thoma, il cui Teologia cristiana dell’ebraismo pubblicato in Italia da Marietti nel 1983, è un punto di riferimento proprio per la “teologia cristiana dell’ebraismo”. Tuttavia il libro di Wilson, a rigore, rappresenterebbe una “teologia cristiano-evangelica dell’ebraismo” e in tal senso sarebbe una novità, novità ancor più forte per il contesto italiano.
Il libro consta di quindici capitoli divisi in cinque sezioni che presentano una messe abbondante di materiale storico, teologico e culturale. Nella prima sezione è sviluppato il tema più prettamente biblico facendo ricorso sia al locus della paternità abramitica sia a varie figure come quella dell’albero, della radice e dei rami. Si tratta di immagini molto note (come non ricordare qui il carteggio tra i filosofi Rosenzweig e Rosenstock, carteggio pubblicato in italiano proprio con il titolo La radice che porta?). Sempre in questa parte viene analizzato il tema del rapporto tra Paolo, i giudei e la legge, tema praticamente rivoluzionato con fortune alterne dagli studi di C. Stendhal. Nella parte seconda lo scenario non è più solo la Bibbia ma diviene la storia, in particolare con la narrazione della separazione e della nascita della teologia della sostituzione (la chiesa interpreta i testi biblici considerandosi come sostituta di Israele). Anche qui, non possiamo fare due riferimenti che potranno essere utili al lettore italiano: da un lato la storia della separazione tra giudei e cristiani è stata abbondantemente studiata da M. Simon e A. Benoit e, dall’altro lato, non possiamo qui non citare la dissertazione di Rinaldo Diprose (che fa la prefazione del libro di Wilson) pubblicata con il titolo Israele e la chiesa (Ibei, 1998). La parte terza, è la parte in cui l’autore propone al lettore soprattutto evangelico, sia a quello che non vuole sentire parlare del tema di Israele, sia a quello che pensa di sapere tutto, un profilo molto denso del pensiero e della cultura ebraica. Anche la parte quarta, abbastanza innovativa prosegue in questa presentazione del pensiero ebraico ma lo fa per case studies se così possiamo esprimerci, mettendo in rilievo differenze e continuità (nel senso della metafora della radice) tra ebraismo e cristianesimo in merito a: matrimonio, famiglia, casa, educazione. Il capitolo 12 è interamente dedicato alla Pasqua, ancora una volta con un’intersezione tra ebraismo e cristianesimo, mentre il capitolo 13, che raccomando vivamente di leggere, è dedicato al delicato tema della terra di Israele. La parte quinta è quella forse più delicata perché è propositiva e affronta il tema del dialogo e della prospettiva futura delle relazioni tra ebrei e cristiani. È qui, forse (ma anche nel tema della terra) che la lettura evangelica dell’esperienza ebraica e di Israele si distanzia dalla classica teologia cristiana dell’ebraismo, nella quale è teorizzata la duplicità delle strade di salvezza.
Insomma, si tratta di un testo utilissimo, volto a raffreddare gli animi delle febbri escatologiche che si alimentano al solo citare la parola Israele, ma nello stesso tempo, un testo volto a ridurre la superbia di coloro che pensano che, ancora, il solo citare la parola Israele, significhi tirar fuori una carta di identità teologica ben precisa.

Giacomo Carlo Di Gaetano
DiRS-GBU

INDICE:

Capitolo 1 – La radice e i rami 
Capitolo 2 –
I gentili, gli Ebrei e l’eredità ebraica 
Capitolo 3 –
La Chiesa primitiva e il giudaismo 
Capitolo 4 –
Conflitto teologico e persecuzione 
Capitolo 5 –
Gli “eretici” e la sinagoga 
Capitolo 6 –
Le rivolte giudaiche e la separazione del cammino
Capitolo 7 –
Una storia di disprezzo: l’antisemitismo e la Chiesa 
Capitolo 8 –
L’Antico Testamento – le fondamenta ebraiche della Chiesa 
Capitolo 9 –
Il profilo del pensiero ebraico
Capitolo 10 –
Dove ha sbagliato la Chiesa 
Capitolo 11 –
Il matrimonio e la famiglia attraverso occhi ebraici 
Capitolo 12 –
La Pasqua e l’ultima cena 
Capitolo 13 –
Ebrei, cristiani e la terra 
Capitolo 14 –
Una vita di aprendimento: il cuore dell’eredità ebraica 
Capitolo 15 –
Se non ora… quando?