di Fiamma Nirenstein
Il secondo regolare attacco terrorista della giornata ha avuto luogo proprio allo stesso incrocio, la “trampiada” dove i ragazzi chiedono un passaggio a Allon Shvut, nel Gush Etzion, appena fuori di Gerusalemme. Fu là che il 12 giugno scorso cominciò a avvolgersi la spirale di violenza col rapimento dei tre studenti che subito vennero macellati sulla strada. A seguire, alcuni ripugnanti pazzi il 5 luglio rapirono e uccisero un ragazzo arabo Mohammed Abu Khdeir. Le tre famiglie, la società, le istituzioni israeliane respinsero con orrore l’atto. Invece Abu Mazen flirta con la violenza e Hamas esalta gli innumerevoli attacchi terroristi di questi giorni. Ieri ci ha lasciato la vita una ragazzina di diciassette anni, e i feriti a Allon Shvut sono due. Il terrorista ha cercato di investire con l’auto un gruppo alla “trampiada”, non ci è riuscito, è uscito col coltello e ha tagliato la gola alla giovane e il viso e una spalla a altri due. Il terrorista è un ventenne proveniente da Hevron, città tutta di Hamas. Poco prima, lontano dai “territori”, alla stazione di Tel Aviv è stato ferito molto gravemente un soldato di vent’anni mentre aspettava il treno. Il terrorista, un ragazzo di Nablus, Nur Din Hashiya, è stato affrontato da un passante di mezza età che gli ha tirato un pugno in faccia, la polizia l’ha ferito e catturato. Sulla strada di Eilat, nell’estremo sud, un autobus veniva attaccato; a Fureidis domenica la polizia è stata bersagliata da una bomba; a Taibe, mentre l’auto veniva data alle fiamme, una folla di arabi israeliani cercava di linciare un israeliano che è stato salvato da un coraggioso arabo locale. Magdi ha salvato Misha da morte certa. L’ultima esplosione di rabbia nasce dall’uccisione da parte della polizia israeliana, due giorni fa, del 22enne Kheir a Din Hamdan, nel corso di una manifestazione violenta. La polizia è adesso sotto inchiesta per aver ucciso Hamdan. La sua città, Kfar Khana, nella Bassa Galilea, è adesso uno dei centri della rivolta. I toni sono arrivati a far sì che Netanyahu abbia dichiarato che gli arabi israeliani sono parte integrante e benvenuta del Paese, ma chi preferisce la parte palestinese, non verrà trattenuto con la forza. Un’ imponente escalation di attentati disegna l’ultimo periodo, e un’intenzione suicida domina i terroristi ovunque esaltati come “shahid”: così il terrorista in automobile che ha investito e ucciso la neonata e un’altra ragazza, poi ucciso dalla polizia, l’altro che ha schiacciato il soldato druso della Polizia di Frontiera ucciso sempre con la tecnica dell’auto impazzita. Poi c’è stato l’attacco a tre soldati, sem pre sull’auto, il terrorista in moto che ha sparato a Yehuda Glick… La risposta è stata molto decisa: fermare l’assassino, costi quel che costi, perché non compia altri delitti. Ma i palestinesi protestano che viene usato dalla polizia un “happy trigger” dovuto alla mancanza di rispetto per gli arabi. Gli israeliani vivono invece l’angoscia di una possibile nuova Intifada, vogliono fermare l’ondata fomentata da Hamas, esaltata da Facebook che invita al martirio, dalla lettera di Abu Mazen in cui si fanno le condoglianze alla famiglia di uno dei terroristi. Accanto a questo, monta la questione della Spianata delle Moschee, il Monte del Tempio: di venerdì per evitare scontri è stato spesso bloccato ai minori di 50anni. L’interpretazione che ha preso piede è che Israele voglia cambiare lo status quo sul Monte del Tempio. Una teoria della cospirazione che incita la violenza alimentata dalle accuse di razzismo, apartheid, discriminazione. Prevale lo spirito rapprese ntato da una canzone palestinese che dice “Investili, distruggili, annientali, falli esplodere, non lasciare che nessun ebreo possa diventare vecchio, o Al Aqsa noi siamo i tuoi difensori”.
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