27 gennaio: una parola, la più importante
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli
A destra: Israele è l’argine contro una nuova Shoah
Cari amici,
nel mio articolo di ieri non vi ho detto la parola fondamentale per non dimenticare davvero e l’ho fatto apposta, perché volevo farlo oggi. Questa parola è Israele. Lo stato di Israele naturalmente non c’era settant’anni fa, ma questa non è la ragione per cui si possa dire che non c’entra – tutto il contrario. La Shoà c’è stata, ha avuto le dimensioni che sappiamo, l’orrore che conosciamo, esattamente perché non c’era Israele. Se fosse già esistito Israele, se gli inglesi non avessero tradito la missione loro assegnata dalla comunità internazionale, la Shoà non ci sarebbe stata. E ancora oggi, Israele è ciò che impedisce la ripetizione dello sterminio. L’Europa sta tradendo di nuovo i suoi cittadini ebrei, sta ricominciando a sterminarli, come ha fatto da mille anni. Naturalmente come gli assassini di un tempo non erano affatto briganti di strada ma vescovi, re, buoni fraticelli francescani e domenicani che si confessavano e andavano a messa ogni domenica o piuttosto la dicevano, così anche gli assassini attuali o piuttosto i loro protettori non sono le patetiche ultime raffiche del fascismo; sono buoni democratici che si sciacquano la bocca ogni volta che possono con paroloni tipo democrazia, socialismo, tolleranza, multiculturalismo. E’ probabile che oggi stiano sul palco di qualche celebrazione della giornata della memoria. E però da dove governano loro è possibile andarsene, si può votare con i piedi, come gli ebrei francesi che nonostante i buoni propositi di Valls, non si fidano di un presidente come Hollande, e hanno ragione. Il problema per i nostri nonni e bisnoni era che non ci fosse nessuno a difenderli, peggio, che non avessero un posto dove andare. Ci furono vagabondaggi infiniti di profughi dalla Germania, navi che arrivarono in Argentina e a Cuba solo per essere respinte, altre navi fatte esplodere, forse dagli inglesi, forse dai nazisti, per evitare che portassero il loro carico di profughi in Israele, fuggitivi consegnati alle SS, soprattutto gli ebrei più isolati che non sapevano dove e come andarsene.
Yad Vashem, il Memoriale della Shoah a Gerusalemme
Ora questa difesa c’è, questo luogo dove andare c’è, e non è di altri che facciano i loro calcoli sulla pelle degli ebrei; è nostra e si chiama Israele. Certo, proprio per questa ragione, proprio perché ha lo stesso nome del popolo ebraico, proprio perché ormai contiene la maggioranza degli ebrei del mondo, proprio perché fa la differenza rispetto ad Auschwitz, Israele non è odiato solo dagli arabi, che non sopportano che un pezzo di terra che hanno usurpato per alcuni secoli torni ai legittimi proprietari e soprattutto non tollerano che i loro vecchi schiavi si siano liberati e si siano mostrati infinitamente più efficienti e civili di loro. E’ odiato dagli europei che non perdonano agli ebrei di essere sopravvissuti al nazismo e all’Inquisizione e ai cosacchi e a Lutero e alle cacciate e alle stragi di massa e ai ghetti e alle messe forzate e ai rapimenti dei figli e alle conversioni imposte e ai roghi. Non ci sopportano perché siamo vivi – per questo preferiscono molto onorare gli ebrei morti che hanno ucciso peraltro i loro predecessori, quelli che erano seduti prima di loro su cattedre, presidenze, troni e sedie gestatorie.
Per questa ragione cercano oggi di imporre a Israele quello che hanno fatto con i singoli ebrei e le comunità ebraiche nei secoli: disprezzo, discriminazione, boicottaggio, appoggio alla violenza. Israele è il segno della discontinuità dalla Shoà, ma anche la vittima della continuità dell’antisemitismo. Non credete a chi vi dice che c’è il rischio che qualcuno costretto dalle politiche di Israele a un’opposizione dura, possa diventare antisemita. E’ vero il contrario: gli antisemiti consapevoli o incoscienti trovano il modo di esprimere il loro odio contro Israele, “l’ebreo delle nazioni”. Per questa ragione Israele è anche la pietra di paragone. Quando vi trovate di fronte qualcuno che vi dice che gli dispiace tanto di Auschwitz, chiedetegli che cosa pensa di Israele. Al di là del sentimentalismo, della comodità di commuoversi per il passato, dell’antifascismo che si estende – bontà sua – anche al genocidio, è l’atteggiamento nei confronti di Israele che chiarisce se uno sta dalla parte millenaria degli assassini di ebrei o no. Chiunque, anche se è di origini ebraiche anzi a maggior ragione se ha queste origini, che si oppone frontalmente ma anche distingue, cincischia fra popolo stato governo politiche – be’ costui è un antisemita. Sappiatelo e diteglielo, se ne avete la forza. Vi risponderanno qualcosa di intorcinato come “sarà pur lecito dissentire dalle politiche…” La risposta è no. Cioè è ben lecito in astratto, la libertà di opinione è una cosa che difendiamo. Ma a patto di sapere che ci si sta schierando con gli assassini, che si stanno creando degli alibi agli assassini. Quelli di Parigi come quelli di Auschwitz, come quelli dell’Inquisizione come quelli di Fatah e Hamas come quelli dello Stato Islamico. In fondo, non c’è differenza. Questa è per me la lezione della giornata della memoria. Una parola: Israele.
Ugo Volli