L’opinione di Michael Walzer, analisi di Ayaan Hirsi Ali, Annalisa Chirico intervista Edward Luttwak
Michael Walzer guarda l’Europa ferita e terrorizzata, tentata dal paradigma dell’arroccamento e dalla chiusura difensiva – altro che abbracci multiculturali – e ammette che anche i liberal qualche responsabilità ce l’hanno. Una responsabilità che non ha a che fare con il massacro jihadista parigino, s’intende, ma con “l’illusione che la sicurezza non sia un problema, una percezione che abbiamo alimentato per troppo tempo”, spiega. L’ottantenne filosofo di Princeton, che del pensiero liberal contemporaneo è diventato un padre grazie agli studi sulle sfere della giustizia e sulle teorie della guerra giusta, parla con il Foglio dei limiti di un certo progressismo naïf, che “ha finto di non vedere che la gente è preoccupata per la sicurezza, che è uno dei beni comuni che lo stato deve impegnarsi a garantire”. E’ convinto che “tornerà un regime di controlli sui confini interni ed esterni dell’Europa”, e che sarà “un male per la democrazia occidentale”, ma non è che l’esito di un assetto politico insostenibile: “L’Europa è ancora molto lontana dall’unità che sarebbe necessaria per poter garantire in modo credibile la sicurezza. L’incapacità di trovare una politica comune sui rifugiati mette in luce il fatto che l’Unione europea è ancora un agglomerato di nazioni, e i terribili attentati di Parigi mostrano che da un punto di vista dell’intelligence la strada è ancora lunga. I rifugiati che scappano da una guerra civile terribile non possono diventare le vittime di questa situazione, ma non si possono non affrontare le richieste di sicurezza del popolo”.
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