Un nuovo coordinatore designato dell’UE sull’antisemitismo: “Quando il canarino non canta più, l’Europa è in crisi” Bruxelles 4 dicembre 2015

  Martedì 1° dicembre, la Commissione Europea ha nominato il suo primo coordinatore per la lotta all’antisemitismo. Due giorni dopo, giovedì 3, la nuova coordinatrice Katharina von Schnurbein, ha pronunciato il suo primo discorso ufficiale ad un simposio di ECI nel Parlamento Europeo sul “Contributo ebraico dato alla cultura ed ai valori europei”. Nel suo discorso la Schnurbein ha paragonato la situazione degli ebrei in Europa a quella del canarino nella miniera di carbone. “Quando il canarino non canta più allora l’Europa è in crisi”. L’espressione si riferisce al ruolo storico dei canarini nelle miniere. Sino a che il canarino cantava, i minatori sapevano di avere aria sufficiente per respirare. Se il canarino moriva le miniere venivano evacuate immediatamente.

Al simposio, von Schnurbein ha parlato della minaccia alla vita degli ebrei in Europa e del bisogno di un sistema rapido di allerta. Lei riferirà direttamente al primo vicepresidente della Commissione Europea Frans Timmermans, che ha annunciato, in un colloquio a Bruxelles nello scorso otttobre, la propria decisione di nominare due coordinatori, uno per l’odio contro gli ebrei ed uno per quello contro i musulmani. Il nuovo ufficio sarà un punto di contatto con l’UE per chiunque abbia vissuto un’esperienza di antisemitismo; questo ufficio svilupperà anche delle strategie per combattere l’antisemitismo in Europa. Von Schnurbein ha ricordato ai presenti che il problema non è con l’Unione Europea. Ha sottolineato però che, sebbene la negazione dell’olocausto sia stata bandita, solo 13 stati su 28 hanno applicato questa direttiva. Negli altri discorsi, funzionari dell’UE e parlamentari europei hanno dato numerosi esempi dei contributi dati dagli ebrei alla cultura ed ai valori europei.

La conferenza è stata organizzata dal parlamentare europeo Hannu Takkula il quale ha avvertito che, quando gli ebrei hanno paura in Europa, allora l’Europa non esiste più. Ha chiesto quindi una migliore protezione delle comunità ebraiche europee così come migliori rapporti col moderno stato d’Israele. Il vicepresidente del parlamento europeo Ryszard Czarnecki ha ricordato all’uditorio la lunga storia della vita ebraica nella sua Polonia. Secondo alcune fonti il nome Polonia, in ebraico, vuol dire dimora sicura ed aiuta a spiegare il fatto che, ad un certo punto della storia, circa l’80% della popolazione ebraica mondiale si trovava in Polonia. Durante l’occupazione nazista e l’olocausto la Polonia perse il 90% della popolazione ebraica. Comunque, dopo la guerra ha affermato Czarnecki, questa è stata l’unica nazione che ha favorito l’Aaliyah nella terra d’Israele senza richiedere nessun visto.

Da quei giorni Israele e Polonia hanno stretto un forte legame indipendentemente dalle varie situazioni politiche interne e la vita ebraica è ritornata in Polonia. Anche l’ambasciatore tedesco Felix Klein ha potuto affermare che nel suo paese si sta vivendo un risveglio della cultura e della vita ebraica. Dopo la guerra, la maggior parte degli ebrei pensava che la vita per loro in Germania fosse finita, ma oggi vi sono più di 200.000 ebrei ed ogni mese vengono aperte nuove sinagoghe. La speranza di Klein è che l’esperienza positiva di questa migrazione possa essere utile in questo tempo di crisi migratoria. Il nuovo responsabile dell’UE per il Medio Oriente Raoul Fuentes Milani ha parlato della storia degli ebrei in Spagna. Ha riconosciuto che lo stato iberico ha perso molta della sua gloria ed identità dopo l’espulsione degli ebrei nel 1492. Recentemente, la Spagna ha garantito la cittadinanza agli ebrei sefarditi in grado di dimostrare di essere i discendenti di quelli espulsi in quel periodo. Ha anche citato il re spagnolo che, rivolto agli ebrei espulsi in tutto il mondo, ha affermato: “Ci mancate”. Sebbene tutti i presenti abbiano concordato sul fatto che l’Europa è più ricca, col fiorire delle comunità ebraiche e con un buon rapporto con lo stato d’Israele, non vi è stata una unanimità di vedute sul fatto che Israele venga oggi trattato dalla Comunità Europea in modo corretto o meno, così come dimostrato dalle direttive sull’etichettatura dei prodotti, emanate due settimane fa.

Mentre il direttore dell’EEAS per il Medio Oriente e il Nord Africa Christian Berger ha definito la decisione come “tecnica”, la viceambasciatrice israeliana Shuli Davidovich ha accusato la UE di usare due pesi e due misure. In conseguenza ad una decisione del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, presa all’inizio della settimana, non le è stato consentito commentare il processo di pace da cui l’UE si è defilata.

Il padrone di casa, il direttore di ECI Tomas Sandell ha espresso la sua delusione riguardo alle direttive sull’etichettatura ed ha promesso che ECI contatterà i governi degli stati membri in tempo prima della prossima riunione del Consiglio Europeo a Bruxelles, il prossimo 14 dicembre, per chiedere una revisione della decisione. “Quando l’Europa è stata paralizzata dagli attacchi terroristici di Parigi, tre settimane fa, l’intelligence israeliana è stata la prima a correre in aiuto ed è stata fondamentale per evitare ulteriori attacchi, ad Hannover ed in altre città in Europa.” ha dichiarato Sandell. Ed ha concluso dicendo che: “Per l’Europa è molto meglio avere delle buone relazioni con Israele e con le comunità ebraiche. Ed è vero non solo per la nostra storia, ma anche per il nostro futuro comune”.

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