di Ulrich W. Sahm

Ai primi di novembre molti israeliani e politici stranieri hanno ricordato l’assassinio di Yitzhak Rabin venti anni fa. Oggi Rabin è celebrato come “uomo di pace”, ma un confronto con Netanyahu porta ad una conclusione sorprendente: Rabin e l’attuale primo ministro israeliano hanno diverse cose in comune. Rabin ha detto: “Come parte della soluzione definitiva, aspiriamo ad uno stato di Israele come Stato ebraico, in cui almeno l’80 per cento dei cittadini siano ebrei.”

Netanyahu oggi parla di uno “Stato del popolo ebraico “. Palestinesi ed europei accusano Netanyahu per l’espansione degli insediamenti dicendo che questo impedisce la soluzione dei due Stati e quindi rende impossibile la pace.

Rabin prevedeva una “soluzione permanente nel quadro dello Stato di Israele”, in cui accanto a Israele ci sarebbe stata una “entità palestinese”. Questa entità avrebbe dovuto essere “meno di uno stato”, diceva Rabin. E con questo restava molto indietro rispetto a Netanyahu, che come si sa parla di uno “stato palestinese smilitarizzato”. “Non torneremo alle linee del 4 giugno 1967” ha detto Rabin, e in questo modo escludeva un ritiro completo dai territori occupati.

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