Il Giornale, 11 maggio 2018

Qassem Suleimani il mitologico generale delle Forze Quds che guida l’espansione imperialistica dell’Iran e la sua acquisizione di missili balistici circondato da fama e da paura, in queste ore probabilmente si pone domande molto difficili sul seguito della breve guerra del Golan, Per la prima volta nella storia, con tracotanza estrema, dalla Siria la Guardia Rivoluzionaria ha firmato un attacco di razzi contro l’odiata Israele.

Suleimani aveva promesso una vendetta per l’attacco alla Base militare T da cui l’Iran aveva lanciato su Israele un sofisticato drone armato ricevendone una risposta che aveva distrutto la base e ucciso sette dei suoi uomini. E l’ha fatto, e forse non per caso, il giorno dopo la cancellazione del patto sul nucleare da parte di Trump, che sta anche per riconoscere Gerusalemme come capitale di Israele.

Una guasconata a più dimensioni, che però non ha funzionato: l’Iran adirato, odiatore, che ha minacciato una furiosa risposta a Trump e la solita distruzione di Israele, spara 20 razzi russi, di cui 16 non riescono a passare il confine e ad entrare in Israele, mentre lo scudo di difesa ne blocca tre nel cielo. La risposta di Israele arriva poco dopo, la mezzanotte: Benjamin Netanyahu è atterrato da mezz’ora di ritorno da una giornata storica a Mosca in compagnia di Putin che gli ha fatto grande onore, come a dire a Trump: non ti credere di essere l’unico a possedere una leva su Israele. Inno israeliano accanto a quello russo, memorie dell’eroica resistenza russa di fronte al nazifascismo e anche, in particolare degli ebrei che hanno servito nell’esercito sovietico. Per tre ore, poi, i due leader hanno discusso da soli della situazione in Siria, e se l’immaginazione può esprimersi liberamente, Netanyahu deve aver ripetuto la sua non ingerenza nella presenza russa da quelle parti, ma la totale determinazione a impedire che l’Iran vi stanzi le sue forze militari in Siria e la preoccupazione che dalla Russia possano pervenire armi decisive per Assad, legato all’Iran e agli Hezbollah.

Non è dato sapere se Netanyahu gli ha annunciato l’intenzione di muoversi militarmente al bisogno, persino nel giro di poche ore: ma possiamo pensare che, se non ha ricevuto una luce verde, non ne ha ricevuta peraltro neppure una rossa per l’azione di cui la logica dice che gli abbia parlato in anticipo. Appena il Primo Ministro è tornato e il Gabinetto si è riunito, è stato dato il via a un’operazione che come ha detto poi il Ministro della Difesa Lieberman, dimostra che “se da noi c’è la pioggia, da loro c’è l’alluvione”.

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