Commento di Gabriella Brugnara

Una delle pagine più oscure dell’antisemitismo, quella che oggi si potrebbe definire «fake news» o leggenda metropolitana, diventa una mostra, che mira a ristabilire la verità storica e a spazzare via ogni ombra da questo «caso» totalmente inventato. L’invenzione del colpevole. II «caso» di Simonino da Trento, dalla propaganda alla storia, è l’esposizione al Museo Diocesano Tridentino in piazza Duomo a Trento dal 13 dicembre. «Una mostra coraggiosa, e necessaria, perché la vicenda del Simonino attraversa cinque secoli di storia della città di Trento e ha prodotto una divisione lacerante del tessuto sociale di questa città. Ma ha lasciato testimonianze storiche e artistiche importanti, anche girando per le vie di Trento». E Aldo Galli, professore di storia dell’arte all’Università di Trento, a introdurre la mostra. Un progetto corale — curato dalla direttrice del Diocesano Domenica Primerano, con Domizio Cattoi, Lorenza Liandru, Valentina Perini -, cui insieme al Diocesano e all’Università di Trento hanno collaborato diversi enti del territorio, tra cui la Fondazione museo storico del Trentino e l’Archivio Diocesano Tridentino. «L’invenzione del colpevole»: un titolo che con efficacia sintetizza la prospettiva con cui l’esposizione affronta il «caso» di Simone da Trento (detto «il Simonino»): un bambino di circa due anni scompare misteriosamente la sera del 23 marzo 1475 e viene ritrovato cadavere tre giorni dopo nei pressi dell’abitazione di una famiglia ebrea. In base a pregiudizi antisemiti, legati alla convinzione che gli ebrei durante il periodo pasquale compissero sacrifici di bambini cristiani, la responsabilità del delitto fu attribuita alla comunità ebraica. Incarcerati per ordine del principe vescovo di Trento Johannes Hinderbach, gli ebrei vennero processati, costretti a confessare sotto tortura e giustiziati. Il presunto martirio diventò culto locale del Simonino, nonostante il divieto, pena la scomunica, di papa Sisto IV. Solo nel Novecento ci fu una rilettura critica delle fonti che ristabilì la verità storica: il 28 ottobre 1965 la Chiesa abolì il culto del falso «beato». «La mostra vuole essere un omaggio a monsignor Iginio Rogger (1919-2014), già direttore del museo e coraggioso protagonista della storica revisione del culto del Simonino — spiega la direttrice Primerano -. Ci è parso fondamentale richiamare l’attenzione del pubblico su una delle pagine più oscure dell’antisemitismo, per stimolare la riflessione sui meccanismi di “costruzione del nemico” e sul potere della propaganda».Una delle pagine più oscure dell’antisemitismo, quella che oggi si potrebbe definire «fake news» o leggenda metropolitana, diventa una mostra, che mira a ristabilire la verità storica e a spazzare via ogni ombra da questo «caso» totalmente inventato. L’invenzione del colpevole. II «caso» di Simonino da Trento, dalla propaganda alla storia, è l’esposizione al Museo Diocesano Tridentino in piazza Duomo a Trento dal 13 dicembre. «Una mostra coraggiosa, e necessaria, perché la vicenda del Simonino attraversa cinque secoli di storia della città di Trento e ha prodotto una divisione lacerante del tessuto sociale di questa città. Ma ha lasciato testimonianze storiche e artistiche importanti, anche girando per le vie di Trento». E Aldo Galli, professore di storia dell’arte all’Università di Trento, a introdurre la mostra. Un progetto corale — curato dalla direttrice del Diocesano Domenica Primerano, con Domizio Cattoi, Lorenza Liandru, Valentina Perini -, cui insieme al Diocesano e all’Università di Trento hanno collaborato diversi enti del territorio, tra cui la Fondazione museo storico del Trentino e l’Archivio Diocesano Tridentino. «L’invenzione del colpevole»: un titolo che con efficacia sintetizza la prospettiva con cui l’esposizione affronta il «caso» di Simone da Trento (detto «il Simonino»): un bambino di circa due anni scompare misteriosamente la sera del 23 marzo 1475 e viene ritrovato cadavere tre giorni dopo nei pressi dell’abitazione di una famiglia ebrea. In base a pregiudizi antisemiti, legati alla convinzione che gli ebrei durante il periodo pasquale compissero sacrifici di bambini cristiani, la responsabilità del delitto fu attribuita alla comunità ebraica. Incarcerati per ordine del principe vescovo di Trento Johannes Hinderbach, gli ebrei vennero processati, costretti a confessare sotto tortura e giustiziati. Il presunto martirio diventò culto locale del Simonino, nonostante il divieto, pena la scomunica, di papa Sisto IV. Solo nel Novecento ci fu una rilettura critica delle fonti che ristabilì la verità storica: il 28 ottobre 1965 la Chiesa abolì il culto del falso «beato». «La mostra vuole essere un omaggio a monsignor Iginio Rogger (1919-2014), già direttore del museo e coraggioso protagonista della storica revisione del culto del Simonino — spiega la direttrice Primerano -. Ci è parso fondamentale richiamare l’attenzione del pubblico su una delle pagine più oscure dell’antisemitismo, per stimolare la riflessione sui meccanismi di “costruzione del nemico” e sul potere della propaganda». Continua a leggere su informazionecorretta