Considerando la ridda di notizie per l’appuntamento del 1° luglio riguardo alla cosidetta “annessione” dei territori della Cisgiordania da parte di Israele, che oltre a confusione alimentano falsità, abbiamo pensato di fare chiarezza con un’azione capillare in molte chiese evangeliche di riferimento ai diversi soci EDIPI, che rappresentando lo zoccolo duro dell’associazione e che si son dimostrati disponibili a distribuire centinaia di copie del libro di Eli Hertz “Questa terra è la mia terra”.
Ricordiamo che un’identica operazione si è svolta nei giorni scorsi, grazie all’interessamento del senatore Lucio Malan, in campo politico.Infatti sono state distribuite 70 copie ai componenti della Commissione Esteri della Camera e del Senato prima dell’audizione dell’ambasciatore d’Israele in Italia Dror Eydar e altre 127 copie ai parlamentari dell’Associazione di Amicizia Italia/Israele.
Di seguito un elaborato della dott.essa Nicla  Costantino, responsabile del dipartimento editoriale di EDIPI, che ha il  pregio di essere un vademecum contenente le nozioni principali su un  annoso argomento quanto mai controverso, molto utile per affrontare
eventuali domande o reazioni polemiche.

ISRAELE E “L’ANNESSIONE”

In questi giorni, per l’ennesima volta, si parla di Israele, in particolare della Giudea e Samaria, ma molti non conoscono l’argomento, in particolare i credenti, pastori, responsabili di comunità ecc., leaders, che dovrebbero sapere di cosa si tratta, cosa dice la Bibbia, Israele è l’orologio della Storia. Sembra, invece, che la cosa non li riguardi, magari si accodano alle opinioni generaliste, ricavate dalle notizie trasmesse dai media.

Il mio popolo perisce per mancanza di conoscenza” Osea 4:6.

Per colmare queste lacune, consiglio la lettura del libro di Eli E. Hertz “QUESTA TERRA E’ LA MIA TERRA – Mandato per la Palestina – Aspetti Legali dei diritti ebraici”, che in maniera schematica, ma esaustiva allo stesso tempo, illustra il legame degli Ebrei con la loro Terra di origine, le motivazioni non solostorico-religiose, ma anche giuridiche sulle quali si fonda la legittimazione dello Stato ebraico, esaminando i fondamenti di Diritto Internazionale sui quali sono state adottate le decisioni fondamentali, inoltre, questo piccolo manuale è corredato da documenti storici che espongono le ragioni delle posizioni di Israele.

Ed il Signore parlò a Mosè, con dire: Comanda ai figli d’Israel, e dì loro: Quando entrerete nella terra di Canaan, quest’è il paese che v’apparterrà in retaggio, (questa cioè è) la terra di Canaan, coi suoi confini. Avrete il lato meridionale dal deserto di Ssin, presso all’Idumea; ed il vostro confine meridionale sarà [comincierà] dall’estremità orientale del lago salso (Mar Morto). Il vostro confine volterà al mezzodì della salita d’Acrabbìm, e passerà a Ssin; indi andrà a riuscire al mezzodì di Cadèsh-Barnèa, poi riuscirà in Hhassàr Addàr, e passerà in Assmòn. Indi il confine volterà da Assmòn verso il torrente dell’Egitto, e andrà a riuscire al mare [mediterraneo]. Quanto poi al confine occidentale, avrete il mare grande [mediterraneo] per confine. Questo sarà per voi il confine occidentale. E questo sarà per voi il confine a settentrione: dal mare grande tirerete una linea al monte Hor. Dal monte Hor tirerete una linea verso Hhamàt, ed il confine andrà a riuscire a Ssedàd. Indi il conline riuscirà a Zifròn, e andrà a terminare a Hhassàr-Enàn. Questo sarà per voi il confine settentrionale. Tirerete poi una linea pel confine orientale da Hhassàr-Enàn a Scefàm. Il confine scenderà da Scefàm a Rivlà, all’oriente dell’Ain [Fonte]; e scendendo (ancora) il confine, toccherà il lato orientale del lago di Kinnèret [Genesaret]. Indi il confine scenderà al Giordano, e andrà a terminare al lago salso [Asfaltide]. Questa sarà per voi la terra, coi suoi confini tutt’attorno” Bemidbar, Numeri34, 2-12.

Costituirò il tuo territorio dal Mar Rosso sino al Mare dei Filistei, e dal deserto sino al fiume [Eufrate]; poiché darò in vostro potere tutti gli abitanti del paese, e tu gli scaccerai dal tuo cospetto” Shemot, Esodo 23,31.

La Giudea e la Samaria (a cui spesso ci si riferisce come ‘West Bank’ o ‘Cisgiordania’) è la terra dove è nato il popolo ebraico. Sono parte dell’eredità di Israele. Qui non solo si trova la valle del Giordano, conosciuta per le storie di Elia ed Eliseo, ma anche le tombe dei patriarchi e delle matriarche in Ebron. Shilo è situata tra i monti Gerizim ed Ebal. Questo è il luogo in cui Abramo entrò nella terra e dove Isacco e Giacobbe hanno pasciuto il loro gregge. È qui che Davide abitò prima di diventare re.

Il territorio noto come Cisgiordania, Giudea e Samaria, per il diritto internazionale – secondo il principio dell’uti possidetis– apparteneva ad Israele, come legittimo successore del Mandato per la Palestina del 1922. Il Mandato Britannico per la Palestina del 1922 che la Gran Bretagna, potenza vincitrice della Prima Guerra Mondiale, ha stipulato alle spese del collassato Impero ottomano, stabilìil diritto degli ebrei di dimorare in tutti i territori a occidente del fiume Giordano.

La Prima guerra mondiale aveva mutato radicalmente la posizione degli Ebrei in Europa e, di riflesso, in Palestina. Fino al 1914 le comunità ebraiche più consistenti si trovavano divise in tre imperi multinazionali, quello russo, l’asburgico e l’ottomano. In essi, sia pure con molte difficoltà, avevano conservato alcune prerogative, proprio riconducibili allo status riconosciuto di minoranza. Al loro posto, a partire dal 1918, si erano sostituiti gli stati nazionali, nati dal disfacimento del circuito multietnico. Nell’Europa centrale, così come precedentemente in Italia, andavano, inoltre, affermandosi movimenti fascisti e il nazismo, che dell’antisemitismo avrebbero fatto il loro vessillo ideologico. Il movimento sionista, che con la Dichiarazione di Balfour aveva ottenuto un accredito politico importantissimo, negli anni Venti, andò superando definitivamente la fase di sperimentazione, lasciandosi alle spalle la nomea di fase utopica, per assurgere a soggetto politico legittimato. Tale documento venne ratificato all’unanimità dalla Società delle Nazioni, una sorta di progenitore dell’ONU, ricevendo l’approvazione anche della Comunità Internazionale. Il mandato internazionale era l’istituto giuridico, creato nell’ambito della Società delle Nazioni, in base al quale venivano demandati ai paesi più progrediti, ovvero le potenze coloniali, i compiti di amministrare e tutelare gli interessi dei popoli ritenuti non ancora in grado di autodeterminarsi. Di fatto dovevano sancire politicamente una fase transitoria, di passaggio dalla vecchia forma di governo coloniale diretto a quello indipendente (Claudio Vercelli).

La prima tappa che portò alla ricostruzione dello Stato di Israele fu la Dichiarazione Balfour del 2 novembre 1917. Con questa dichiarazione il governo inglese prendeva atto, ufficialmente, della necessità di creare una patria in Palestina per il popolo ebraico. Questo impegno fu ripreso e portato avanti da altri governi: dichiarazione del governo francese e del governo italiano nel 1918 e di quello americano e giapponese tra il 1918 e il ’19, fino al loro pieno sostegno alla delegazione dell’Organizzazione sionista durante le trattative di pace di Parigi. Questo processo di riconoscimento internazionale è culminato con la Conferenza di Sanremo. La Conferenza di Sanremo, Aprile 1920, è da considerarsi una pietra miliare per la futura costituzione dello Stato di Israele. Infatti è in questa sede che si decise ufficialmente la creazione del Mandato di Palestina che nel 1948 diventerà lo Stato di Israele, qui furono gettate le basi per la nascita legale di Israele. Va sottolineato come il Mandato di Palestina fosse, al pari degli altri mandati di classe A (Mesopotamia e Siria), pensato come una necessaria, ma transitoria sistemazione dei territori mediorientali, appartenuti all’Impero ottomano che dovevano diventare degli Stati indipendenti. Ma essendo le aree, dove sarebbero sorte queste nuove realtà statuali, prive degli elementi giuridici, politici e amministrativi – secondo i criteri stabiliti dalla Società delle Nazioni – per diventare pienamente autonome e indipendenti, esse dovevano rimanere sotto la supervisione delle Potenze vincitrici della Grande guerra. Quindi la Mesopotamia e la Palestina furono poste sotto mandato britannico, mentre la Siria sotto mandato francese (solo successivamente fu creato il mandato del Libano).

Dal 19 al 26 aprile del 1920, a San Remo si tenne, quindi, l’importante “Seconda Conferenza di pace” dopo la Prima che si era svolta a Parigi. Al termine del conflitto armato (4 novembre 1918) della Prima Guerra mondiale, alle potenze vincitrici della cosiddetta Intesa (Francia, Gran Bretagna, Russia, Italia, Belgio, Romania e, non militarmente, Grecia e Stati Uniti) si erano posti i problemi delle rivendicazioni militari, economiche e territoriali da esigere dalle potenze sconfitte, i cosiddetti Imperi Centrali (Germania, Austria, Ungheria) e dai loro alleati (Bulgaria e Impero turco- ottomano). I principali plenipotenziari dell’Intesa, cioè i Primi Ministri Clemanceau per la Francia, Lloyd George per la Gran Bretagna, Orlando per l’Italia e Wilson per gli U. S. A., si riunirono allora in una prima ‘Conferenza di Pace’ a Parigi e concordarono che, in essa, si sarebbero affrontati i problemi europei, rimandando a una Conferenza successiva (“Seconda di pace a San Remo”) quelli concernenti la Turchia e il Medio Oriente. Si affrontò successivamente la questione più importante, quella che riguardava i rapporti tra le potenze vincitrici e l’impero ottomano: venne deciso di richiedere al Consiglio della Lega delle Nazioni di instaurare nei territori ottomani ex imperiali del Medio Oriente alcuni ‘Mandati’ da affidare alle Nazioni vincitrici.

In quest’ottica, già fin dal 1916, la Gran Bretagna e la Francia avevano segretamente stabilito (con l’accordo Sykes/Picot) le rispettive zone di influenza nel Medio Oriente, con particolare riguardo a quelle ricche di risorse minerarie e di petrolio, ignorando completamente le altre Nazioni alleate nel progetto di spartizione. Ottenuto l’assenso dalla Lega delle Nazioni, venne assegnato alla Francia il Mandato sulla Siria e sul Libano, mantenendo il protettorato sulla Tunisia (che esercitava già dal 1881), mentre la Gran Bretagna si assicurò quello sulla Mesopotamia, la Transgiordania e la Palestina (già occupata dagli inglesi nel 1887), mantenendo i protettorati che aveva su Cipro (dal 1878), sul Kuwait (dal 1899) e sull’Egitto (dal 1914). Per protettorato si intende quel rapporto di tutela e protezione, esercitato da uno Stato più forte a favore di uno più debole, attribuito al primo dalla Lega delle Nazioni. L’Italia non ottenne alcun mandato, mantenne solo il possesso dell’isola di Rodi e di quelle del Dodecaneso (che, peraltro, aveva già acquisito nel 1912 al termine della guerra italo- turca). Ma se i mandati della Francia e quello britannico sulla Mesopotamia procedettero senza difficoltà, arduo fu quello della Gran Bretagna sulla Palestina, poiché proprio nella Conferenza di Sanremo era stata per la prima volta recepita, in un contesto internazionale, la cosiddetta “Dichiarazione Balfour” con la quale dal Ministro degli esteri britannico Arthur J. Balfour veniva espressa l’intenzione della Gran Bretagna di favorire la «creazione di un focolare ebraico in Palestina».

Nessuno aveva menzionato la creazione di uno Stato arabo.

Il documento ratificato alla Conferenza di San Remo non è mai decaduto, non è mai stato abrogato, dal punto di vista del diritto internazionale è l’architrave su cui poggia tutto il resto. Non a caso, uno dei maggiori giuristi americani del secolo scorso, Eugene W. Rostow, lo specificava chiaramente in un suo importante articolo:

Molti credono che il mandato palestinese ha avuto termine nel 1947 quando il governo britannico si dimise da potentato mandatario. Errato. Un accordo non cessa quando il fiduciario muore, si dimette, sottrae la proprietà affidata o è licenziato. L’autorità responsabile dell’accordo nomina un nuovo fiduciario o in alternativa dispone per l’adempimento dell’accordo. In Palestina il mandato britannico ha cessato di essere operativo, relativamente ai territori di Israele e della Giordania, quando questi due stati vennero creati e riconosciuti dalla comunità internazionale. Ma le sue normative sono ancora effettive relativamente alla West Bank e alla Striscia di Gaza.

La Giudea e la Samaria appartenevano a Israele. La Giordania li aveva occupati nel 1948, durante la guerra in cui, con Egitto Siria e altri stati arabi, cercò di impedire la nascita dello stato di Israele, appunto nel1948, anno di nascita dello Stato di Israele. Nessuno aveva menzionato la creazione di uno Stato arabo e non si parlava ancora di palestinesi per designare qualcosa di diverso dagli ebrei della Palestina. Nel 1947 le Nazioni Unite finalmente adottarono un Piano di Spartizione tra uno Stato ebraico e uno arabo – ma neppure in questo caso nessuno parlava di uno Stato palestinese. Si noti che il testo parlava ancora di Giudea e Samaria per designare il territorio che doveva tornare allo Stato arabo. Gli ebrei accettarono il piano; gli arabi lo respinsero. Il giorno dopo la Dichiarazione di Indipendenza di Israele, gli eserciti di cinque paesi arabi l’attaccarono per distruggerlo. Senza successo. L’emiro Abdallah colse comunque l’occasione per impadronirsi dei territori che avrebbero dovuto essere assegnati al futuro Stato arabo: la Cisgiordania e Gerusalemme Est. Un’annessione riconosciuta solo da Inghilterra e Pakistan. Nel frattempo, cambiò il nome del suo regno, da Transgiordania in Giordania.  Da quella data (1948) fino al 1967, non si levò alcuna voce né in Occidente né in Medio Oriente, tantomeno alle Nazioni Unite, per chiedere la creazione di uno Stato arabo sulle terre che erano state destinate a esso. 

Ma per 19 anni, tra il 1948 e il 1967, la giudea e la Samaria furono occupate illegalmente dalla Giordania, senza che mai Israele abbia rinunciato alla sua piena sovranità. Inoltre, nel 1967 la Giordania aggredì militarmente Israele, il quale sconfisse i giordani e riconquistò (non conquistò) i suddetti territori, riportando la vittoria nella “Guerra dei Sei Giorni” e riprendendosi la Giudea e la Samaria, giacché per delegittimare lo Stato ebraico, i paesi arabi avevano cominciato una campagna internazionale per rendere Israele, agli occhi dell’opinione pubblica, come una forza bruta e imperialista. Quindi, ripeto, dal 1967 la Giudea e la Samaria erano sotto il controllo israeliano, lo ripeto IN SEGUITO ALLA VITTORIA NELLA GUERRA DEI SEI GIORNI contro l’aggressione degli eserciti arabi. Questi territori non sono stati, però, sottratti ad alcuno stato, perché prima erano occupati illegalmente e senza alcun riconoscimento internazionale dalla Giordania, che vi ha rinunciato, del resto, col trattato di pace del 1994.

La disputa territoriale è finita nel 1994 con la firma del trattato di pace tra i due paesi, con il quale la Giordania rinunciava ad ogni rivendicazione territoriale sulla Giudea e Samaria (Cisgiordania).

Con gli Accordi di Oslo del 1993-1995, vennero risolte tutte le perplessità riguardo i territori della Giudea e Samaria. I suddetti accordi stabilirono tre zone di pertinenza, la zona A sotto il controllo dell’Autorità Palestinese, la zona B e la Zona C a controllo israeliano. Il piano ed i suoi numerosi dettagli allegati furono approvati e riconosciuti dall’Autorità Palestinese, per cui non solo Israele ha il pieno di diritto di fondare nuovi insediamenti nelle sue aree di pertinenza, ma ha assolutamente fondamento l’accusa di discriminazione e boicottaggio mossa da Israele verso l’Unione Europea. 

La questione dell’“annessione” che Israele si proporrebbe di compiere su alcuni territori della cosiddetta West Bank o Cisgiordania va chiarita. Il termine non è corretto, in quanto con esso, si intende “Atto mediante il quale uno Stato estende la propria sovranità sul territorio di un altro Stato o su parte di esso” (dizionario Hoepli), “Appropriazione politica e istituzionale di un territorio da parte di uno stato” (Corriere della Sera) e non c’è nessuno stato del cui territorio si vorrebbe impadronire o appropriarsi. I territori della Giudea e Samaria appartengono tutti alla “zona C” che gli Accordi di Oslo del 1993, firmati oltre che dall’“Organizzazione per la liberazione della Palestina” anche dall’Unione Europea e dagli USA come testimoni,  già sotto il controllo israeliano dal 1967, come detto, in seguito alla vittoria nella Guerra dei Sei Giorni. Non sono, perciò, stati strappati o sottratti ad alcuno stato. Israele, quindi, dunque non occupa nulla, non annette nulla, semplicemente abolisce il regime militare che ha retto finora i territori liberati nel ‘67 usando le leggi britanniche ed estende loro la legge civile israeliana, molto più garantista.

I “progressisti” in Europa e negli Usa, hanno deciso che i territori al di là delle linee armistiziali del 1948 (che non sono confini, per esplicita dichiarazione dei trattati di armistizio, ma solo linee di cessate il fuoco) devono andare allo “stato di Palestina”. Non esiste nessuna base legale per questa pretesa, non solo perché l’Autorità Palestinese non è uno stato secondo i criteri internazionalmente riconosciuti, ma soprattutto perché nessuno ha mai ceduto al governo di Ramallah la sovranità su quei territori: non Israele, non l’Onu, che non ha l’autorità per farlo, non un qualche trattato.

A leggere le dichiarazioni rilasciate da altri “illustri” personaggi palestinisti, sembrerebbe che la decisione annunciata dall’Amministrazione Trump sia, invece, una coltellata al processo di pace (quale?) o, nella migliore delle ipotesi, un regalo a Netanyahu (come afferma Chicco Mentana)…

D.ssa Nicla Costantino