Coalizione Europea per Israele Bollettino mensile – Settembre 2020

Navigare (e prosperare) in tempi di crisi

Guardando indietro agli ultimi diciassette anni di attività di ECI, nulla è paragonabile agli ultimi sei mesi in termini di complessità e sfide, poiché ci troviamo di fronte a un nemico invisibile sotto forma
della pandemia globale Covid-19. Abbiamo dovuto abbandonare certe iniziative, ma in generale siamo stati in grado di soddisfare la nostra chiamata a sostenere Israele e il popolo ebraico impegnando e influenzando le personalità che prendono le decisioni ed i creatori di opinioni ai più alti livelli in tutto il
mondo. Come dice il vecchio detto cinese: “in ogni crisi c’è un’opportunità”. Come ECI ci impegniamo a sfruttare al meglio queste opportunità uniche per raggiungere virtualmente ogni angolo del mondo.

La guerra è finita – è tempo per l’Europa di normalizzare le sue
relazioni con Israele

Mentre il Medio Oriente sta vivendo un cambiamento geopolitico epocale che porta alla normalizzazione, agli accordi di pace e a un nuovo riavvicinamento tra Israele e molti dei suoi ex nemici arabi, l’Unione
Europea sembra ancora essere mentalmente bloccata nella guerra fredda. Quando a Washington sono stati fatti i recenti annunci di uno storico accordo di pace tra Israele ed Emirati Arabi Uniti, Bruxelles è rimasta per lo più in silenzio. Nella sua breve dichiarazione, l’Alto Rappresentante dell’UE *Josep Borrell* ha applaudito soprattutto alla decisione israeliana di rinviare i piani sull’annessione degli
insediamenti ebraici in Giudea e Samaria invece di rallegrarsi per il primo accordo di pace tra Israele e uno Stato arabo in 26 anni. Quando i venti del cambiamento si sono avvicinati ancora di più a Bruxelles, con l’annuncio di relazioni più strette tra altri due acerrimi nemici, Serbia e Kosovo, e le loro decisioni di spostare le loro ambasciate a Gerusalemme, i leader dell’UE sono stati furiosi. Come osate considerare di spostare le ambasciate a Gerusalemme senza il permesso di Bruxelles? Le reazioni fredde e arrabbiate di Bruxelles sono sintomatiche di un più ampio disorientamento morale. Mentre la diplomazia americana ora ottiene vittorie in tutto il mondo, l’UE è bloccata in una modalità di guerra fredda, dove gli Stati Uniti e Israele, due dei grandi pilastri della libertà e della democrazia nel mondo, sono visti con grande scetticismo e persino con una vera e propria ostilità. Ciò avviene in un momento in cui l’UE è presieduta dalla Germania. Se c’è un paese al mondo che dovrebbe comprendere la necessità di porre
fine alla guerra diplomatica con lo stato ebraico, è proprio la Germania. È giunto il momento che la Germania e l’Unione europea normalizzino le loro relazioni con Israele e uniscano le forze di pace e
di riforma. Come ha sottolineato la professoressa di Harvard *Ruth Wisse*: il mondo non finì il 27 gennaio 1945, giorno della liberazione dei campi di concentramento di Auschwitz-Birkenau. La storia continuò. Gli ebrei riuscirono, contro ogni previsione, non solo a sopravvivere come popolo, ma anche a ricostituire il proprio stato. Da allora, la ricerca della sopravvivenza e della pace per loro è stata una forza trainante del popolo e della nazione ebraica. Oggi lo stato ebraico risorto è un faro di speranza, non solo per tutti gli ebrei del mondo, ma per le persone di ogni background, in Medio Oriente e altrove nel mondo, guardando a Israele come esempio di democrazia, progresso e innovazione. Sarebbe un disastro storico se lo stesso continente che ha visto l’assassinio sistematico di sei milioni di ebrei, fosse l’ultimo continente ad abbracciare questi venti di cambiamento e a dare il suo pieno sostegno a Israele. Solo sostenendo quegli ebrei che sono vivi oggi e che hanno costruito il loro stato vengono nobilitate le parole pronunciate dai leader europei nel Giorno della Memoria dell’Olocausto e possono essere veramente prese sul serio. Queste parole hanno senso solo quando gli eventi che seguirono la liberazione dei campi di concentramento nazisti sono entrati far parte della storia mondiale, in particolare della storia ebraica e costituiscono le fondamenta per il pieno sostegno di Israele oggi.

Come Coalizione Europea per Israele ci impegniamo a ricordare ai nostri leader europei lo storico impegno preso nei confronti del popolo ebraico dopo la seconda guerra mondiale di “mai più” e a renderli responsabili delle loro azioni di oggi.

ICI-USA – Insieme siamo più forti

Questo mese la Coalizione Internazionale per Israele (ICI) si è installata negli Stati Uniti come prima presenza regionale di ICI, ed è semplicemente chiamata ICI-USA. La Coalizione Europea per Israele è stata coinvolta in attività internazionali al di fuori dell’Europa per molti anni. Nel 2011 ECI ha compiuto il suo primo viaggio di lavoro all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a New York per protestare contro i piani palestinesi per una dichiarazione unilaterale dello stato palestinese. Da allora il nostro lavoro si è concentrato sulle Nazioni Unite a New York tanto quanto nell’Unione Europea a Bruxelles. La logica è semplice. Ciò che abbiamo iniziato in Europa deve ora continuare in tutto il mondo. Proprio come un tempo l’Europa diffondeva il terrore, l’odio degli ebrei e l’antisemitismo in tutto il mondo, così noi, come ECI, abbiamo ora la responsabilità di diffondere il nostro messaggio e mettere in guardia sulle conseguenze dell’antisemitismo in tutto il mondo. Questo approccio unico ha aperto molte porte nelle capitali di tutto il pianeta, quando è chiaro a tutti che l’antisemitismo è di nuovo in aumento e che l’Europa dovrebbe essere in prima linea nella lotta contro questa malattia mortale. Nel corso degli anni abbiamo sentito una crescente necessità di intensificare il nostro lavoro al di fuori dell’Europa, in un modo che riflette chi siamo oggi e dove siamo attivi; da qui il lancio della Coalizione Internazionale per Israele a Ginevra nel gennaio 2020. Mentre ICI sarà l’organizzazione ombrello per tutto il nostro lavoro, ECI rimarrà il centro operativo. Come risultato del lancio di ICI, un numero crescente di amici e sostenitori ha percepito che avevamo bisogno di una presenza più forte negli Stati Uniti d’America. Tuttavia, ICI-USA non deve diventare un gruppo di pressione tradizionale. ICI-USA può essere coinvolto in attività educative negli Stati Uniti, quando se ne presenterà la necessità, ma l’obiettivo primario sarà quello di offrire sostegno per le attività internazionali presso l’Unione Europea a Bruxelles, alle Nazioni Unite a New York e nel continente africano. Nelle prossime settimane raggiungeremo i nostri sostenitori americaniper condividere di più su questa nuova iniziativa. Insieme siamo più forti!

L’Africa ora si sta muovendo – il Malawi è il primo paese a spostare
la sua ambasciata a Gerusalemme?

L’Africa è il continente più pronto per un importante cambiamento nelle sue politiche nei confronti di Israele. ECI è attiva in Africa da molti anni, inizialmente attraverso il nostro lavoro presso le Nazioni Unite a New York, ma negli ultimi tre anni anche più direttamente sul campo, in paesi come l’Uganda, lo Zimbabwe e persino il Sud Africa. La settimana scorsa il neo eletto presidente del Malawi, *Lazarus
Chakwera *(foto), ha annunciato il suo piano per il Malawi: essere la prima nazione africana ad aprire un’ambasciata a Gerusalemme. Il presidente Chakwera è un teologo diplomato e all’inizio della settimana ha preso parte a un incontro internazionale di preghiera con *Tomas Sandell*, *Gregory Lafitte* e *Rick Ridings*, pregando per la pace di Gerusalemme. Il Malawi non è che una delle molte nazioni africane che ora hanno il desiderio di avvicinarsi a Israele, ma gli è stato impedito a causa dell’influenza delle organizzazioni internazionali con una chiara agenda anti-israeliana. Con una nuova generazione di leader africani come Lazarus Chakwera, sembra che l’Africa si stia ora alzando a sostegno dello Stato di Israele. Altri annunci di questo tipo potrebbero presto seguire. Nelle ultime
settimane ci sono state delle speculazioni sul fatto che il Sudan stia valutando la possibilità di normalizzare le sue relazioni con Israele. Fino a poco tempo fa il Sudan era uno stato islamico totalitario che si opponeva fortemente a Israele e perseguitava i cristiani. Nelle ultime settimane, il nuovo governo ha separato la religione dallo stato, ponendo così fine a 30 anni di dominio islamico. ICI continuerà a tenere d’occhio l’Africa ed a collaborare con i nostri amici nel continente per vedere le nazioni africane diventare alcune delle migliori amiche di Israele alle Nazioni Unite.

Le Nazioni Unite si fermano per lo Yom Kippur in occasione del suo 75°
anniversario

Mentre la comunità internazionale si prepara per la 75° sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite alla fine di questo mese, un annuncio si distingue da qualsiasi altro – la decisione di interrompere
tutte le attività lunedì 28 settembre, al fine di rispettare la solenne Festività Ebraica dello Yom Kippur. Il riconoscimento del giorno più sacro nel calendario religioso ebraico da parte dell’organismo mondiale
delle Nazioni Unite è un importante passo avanti per lo Stato di Israele in quanto gli viene finalmente dato il suo posto legittimo nella famiglia delle nazioni, e la decisione rispetta effettivamente la Carta
delle Nazioni Unite nel trattare il popolo ebraico e lo stato di Israele in modo simile a ogni altro stato membro. Non è sempre stato così. Fino al 2016, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite avrebbe tenuto importanti eventi in questo giorno sacro per gli ebrei, impedendo così a qualsiasi diplomatico israeliano di partecipare a una qualsiasi delle sessioni dell’ONU e facendo sentire la propria voce in quel giorno. Tutto questo è cambiato nel 2015 quando l’allora Segretario Generale Ban Ki-moon , dopo la presentazione di una petizione da parte di una coalizione di circa 65 stati membri, ha rilasciato una delibera per dichiarare lo Yom Kippur una festa ufficiale delle Nazioni Unite, impedendo così qualsiasi riunione in questa festa religiosa, nonostante il fatto che di solito cada durante la settimana di alto livello
estremamente intensa dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, quando la maggior parte dei capi di stato sono a New York per le riunioni. Ad oggi, riteniamo che questo sia uno dei nostri più grandi successi da quando abbiamo avviato il processo con il governo israeliano nel 2013 e presentato l’iniziativa al nostro pranzo diplomatico di alto livello all’ONU nel 2014, insieme all’allora ambasciatore israeliano *Ron Prosor*. Nel 2016, nel primo Yom Kippur ad essere riconosciuto dall’ONU, ECI è stata invitata nell’ufficio del Segretario Generale per incontrare il suo capo di gabinetto *Edmond Mulet* (foto) e celebrare l’importante giornata. Ma il lavoro non si ferma qui. Israele è ancora sotto pressione sotto
molti aspetti, all’ONU e in altri ambienti internazionali, da parte di gruppi ostili alla sua stessa esistenza, ma grazie al duro lavoro dei diplomatici israeliani la situazione è ora migliorata, come dimostra il recente accordo di pace con gli Emirati Arabi Uniti.

Questo è davvero un momento emozionante da vivere, poiché insieme possiamo aiutare Israele a migliorare la sua posizione nella comunità internazionale, promuovendo la pace e la sicurezza in Medio Oriente e mettendo in evidenza i numerosi contributi del popolo ebraico per l’umanità. In tal modo stiamo costruendo un forte baluardo contro l’antisemitismo.

Grazie per aver fatto parte di questo lavoro.

ECI Interlocustions