L’attacco di Nizza è avvenuto “in un luogo di amore e consolazione”, scrive il giornale vaticano.
Non parlare di attacco “islamista”, benché “islamista” sia aggettivo che designa la degenerazione violenta dell’islam e non la religione musulmana, è comprensibile: il criterio della prudenza è accettabile, anche per non fomentare rivolte contro i cristiani in quei paesi dove i cristiani sono minoranza spesso senza grandi tutele da parte dello stato. L’Osservatore romano, organo ufficiale della Santa Sede, compie però un salto carpiato nel campo del pol. corr. più ortodosso e censura anche la parola “chiesa”, quasi che la decapitazione di una settantenne e lo sgozzamento di un sacrestano siano avvenuti al mercato o in qualche altro luogo pubblico della bella città francese. “Attacco a Nizza: morte in un luogo di amore e consolazione”, titolava ieri a caratteri cubitali il giornale del Papa, dove per “luogo di amore e consolazione” si intende proprio la basilica di Notre-Dame. L’editoriale di spalla è ancora più prudente: “Si segue la pista terrorista”, quando fin da subito la matrice dell’assassinio era chiara.
Va bene il dialogo con il grande imam di al Azhar che – ha riconosciuto Francesco – è l’ispiratore dell’enciclica Fratelli tutti (grande imam che la narrazione vaticana ha trasformato in una sorta di apostolo di pace quando in realtà è teorico della “proliferazione degli attacchi di martirio che terrorizzano i cuori dei nemici di Allah”, come disse nel 2002 in qualità di Gran muftì d’Egitto), va bene non surriscaldare gli animi già focosi, ma nascondere scientemente il fatto che l’attentato in nome di Dio sia avvenuto in una chiesa, è qualcosa cui neanche Michel Houellebecq avrebbe potuto pensare ai tempi della sua Soumission. Ben chiare hanno invece le idee i vescovi francesi che subito, nel loro comunicato di giovedì mattina, hanno parlato di “martirio”, ricordando che “queste persone sono state aggredite e assassinate perché erano nella basilica. Rappresentavano un simbolo da distruggere”. Niente deferenze né ipocrisie: chi è in prima linea sa bene quali parole scegliere e usare. (articolo del Foglio del 01/11/2020)