Recensione di Wlodek Goldkorn

Un giorno, mentre Mosè pascolava il gregge di Ietro, arrivo fino allo stesso monte che aveva guardato da lontano quando era arrivato al pozzo. Si ricordo delle parole di Tsipora sulle strane presenze che vi abitavano. Era curioso, Mosè: voleva sapere tutto delle stelle, della terra, dei fiumi, dei mari e dei monti, e tosi iniziò ad arrampicarsi. Ma all’improvviso, forse per la stanchezza, forse per il troppo sole, si senti poco bene. Cadde a terra. Si rialzò e vide un angelo. Quelle strane creature in ebraico si chiamano malakhim, messaggeri. Secondo i saggi, infatti, gli angeli sono messaggeri di Dio presso gli uomini. L’angelo che Mosè vide era in mezzo a un roveto ardente. Il roveto era avvolto dalle fiamme, ma il fuoco non consumava la pianta né la inceneriva. Era un miracolo. Mose, spinto dalla curiosità, si avvicinò alla fiamma. Quando mancavano pochi passi alla luce, udi una voce: «Mosè, Mosè». Qualcuno lo chiamava. E allora rispose: «Hineni», “eccomi” in ebraico. Non sappiamo se Mosè invento questa storia per dare coraggio alla sua gente, o se sognò come farlo, ma sappiamo che con tutte le forze voleva costruire insieme al suo popolo un futuro di libertà. Continua a leggere su IC