Tamir Pardo, a capo del servizio segreto israeliano dal 2011 al 2016, oggi è tra i leader del movimento di protesta contro il governo Netanyahu: “Lui e i suoi alleati vogliono trasformare il mio Paese in una teocrazia”.

di Yossi Melman

Tamir Pardo, ex capo del Mossad, il servizio segreto israeliano, sottolinea la complessità degli sforzi americani per migliorare le relazioni con l’Arabia Saudita.
Pardo, oggi settantenne, individua due ostacoli principali. Il primo e più significativo è la richiesta che i sauditi rivolgono agli Stati Uniti: vogliono aiuto per strutturare un programma nucleare civile che comprenda il diritto di arricchire uranio su suolo saudita. “I sauditi vogliono un ciclo del nucleare completo, arricchimento dell’uranio compreso,” ha dichiarato Pardo in questa intervista a Repubblica. “Io, sulla base della mia esperienza e delle mie conoscenze, sono contrario. Ma dobbiamo capire che in questi scenari Israele gioca un ruolo minoritario. Non credo che abbia voce in capitolo sulla questione dell’arricchimento dell’uranio. Ma prevedo che, se i negoziati non si concluderanno entro febbraio o marzo del 2024, ci saranno ben poche possibilità di arrivare a un accordo quando gli Stati Uniti saranno nel pieno della campagna elettorale.”
Il secondo ostacolo è la questione palestinese, che l’amministrazione Biden cerca di tenere collegata all’accordo sul nucleare fra Washington e Riad. “La questione palestinese complica i tentativi di normalizzare i rapporti fra Israele e Arabia Saudita e di creare una relazione diplomatica fra i due paesi.”
L’Arabia Saudita, che al momento non ha relazioni diplomatiche con Israele, per Pardo non è del tutto sconosciuta. Lui non parla di quando era al vertice del Mossad ma un anno fa scrissi che nel 2014, quando ancora era in carica, è volato in segreto a Gedda per incontrare la sua controparte, il principe Bandar Bin Sultan, capo dell’intelligence saudita. Scopo dell’incontro era cercare di mettere fine alla nuova fase di ostilità fra Israele e Hamas a Gaza e favorire un accordo fra Israele e Palestina sotto l’egida dell’Arabia Saudita e della Lega Araba. “Avevamo contatti riservati con l’Arabia Saudita che derivavano da interessi di sicurezza comuni,” spiega riferendosi alla preoccupazione dei due Paesi per il programma nucleare iraniano e per il sostegno fornito dall’Iran al terrorismo, “ma per incrementare le relazioni israelo-saudite serve qualcosa di più significativo, e sfortunatamente Israele non è pronto”. Continua a leggere su NsI