La decima settimana di guerra tra Israele e Hamas ha visto i più intensi combattimenti sia al nord che al sud. Il più alto numero di vittime dell’IDF si è avuto mercoledì, quando dieci soldati sono stati uccisi in un sobborgo orientale di Gaza City, nove dei quali in un’imboscata di Hamas. L’IDF ha annunciato giovedì sera che 116 soldati sono morti da quando sono iniziate le operazioni di terra, quasi due mesi fa, e alcune centinaia sono rimasti feriti. L’IDF stima che circa 7.000 combattenti jihadisti siano stati uccisi finora nella Striscia di Gaza e che alcune altre migliaia si siano arresi. Oltre 70 uomini armati sono stati circondati, giovedì, nell’ospedale Kamal Adwan di Gaza City, da dove stavano attaccando le forze dell’IDF in avanzata. Dopo aver ricevuto l’ordine di deporre le armi, i combattenti sono usciti con le mani alzate e senza magliette, per dimostrare che non avevano armi addosso.
Nel frattempo, resoconti dei media, non confermati, dicono che l’IDF ha iniziato ad allagare alcuni tunnel costruiti da Hamas sotto Gaza City all’inizio di questa settimana, nel tentativo di spazzare via i rimanenti combattenti della jihad. Vi e’ ovviamente preoccupazione per gli ostaggi israeliani ancora prigionieri di Hamas – per lo più uomini. Si teme che possano annegare nei tunnel, ma la triste realtà è che il costo in vite umane israeliane sarebbe probabilmente molto più alto del numero di ostaggi ancora trattenuti se l’IDF fosse costretta a combattere dentro i tunnel. I parenti degli oltre 100 israeliani ancora prigionieri nella zona costiera palestinese hanno incontrato giovedì il capo della Croce Rossa Internazionale, che ha invitato Hamas a mantenere il suo precedente impegno di cessate il fuoco e a consentire le visite della Croce Rossa agli ostaggi. Il primo ministro Netanyahu ha consegnato personalmente alla Croce Rossa i farmaci necessari ad alcuni dei prigionieri feriti e malati. Ciò è avvenuto dopo che l’IDF ha annunciato la morte di altri due ostaggi, tra cui un operaio agricolo africano della Tanzania. Nel nord, le forze Hezbollah appoggiate dall’Iran hanno continuato i loro attacchi quotidiani, con razzi puntati per la prima volta sulla città costiera di Acri, contro l’IDF e località civili nella zona settentrionale della Galilea. All’IDF è stato ordinato di intensificare le sue contromisure, inviando carri armati più in profondità nel sud del Libano, mentre caccia a reazione ed elicotteri da combattimento si univano alla mischia. Ciò è avvenuto mentre i leader delle comunità di confine israeliane si sono incontrati ancora una volta con alti funzionari governativi, i quali hanno promesso che migliaia di civili evacuati saranno riportati alle loro case senza timore di incursioni da oltre confine. Secondo le notizie, il governo spera di offrire un nuovo piano internazionale per garantire che i terroristi di Hezbollah non possano operare entro 15 miglia dal confine (la vecchia “zona di sicurezza” istituita per la prima volta nel 1978 per scacciare le forze dell’OLP da quell’area). Le forze militari dell’esercito francese e libanese assicurerebbero questo risultato, secondo resoconti per lo più libanesi. Tuttavia i leader iraniani hanno fatto sapere che faranno naufragare qualsiasi piano del genere, il che significa che l’IDF potrebbe essere costretta a ripulire l’area – cosa che ha richiesto tempo ed e’ costata molto sangue durante l’ultima guerra del 2006. Altri razzi sono stati puntati anche contro le alture del Golan durante la settimana. L’IDF afferma di aver colpito “posizioni siriane” in risposta.
Dopo che, durante la settimana, sono stati lanciati diversi altri attacchi armati contro le navi internazionali nel Mar Rosso, da parte di terroristi sciiti nello Yemen – compreso quello contro una petroliera indiana che, secondo quanto riferito, trasportava carburante per aerei al porto meridionale israeliano di Eilat – il Pentagono ha affermato di aver stabilito una nuova task force internazionale per mantenere il Mar Rosso aperto al traffico. Come sappiamo, fu il blocco navale imposto dall’Egitto nello stesso mare nel 1967 a scatenare la Guerra dei Sei Giorni. A Teheran, il ministro della Difesa iraniano ha affermato giovedì che il Mar Rosso si trova in “un’area di dominio iraniano” – sebbene al largo delle coste dell’Africa nord-orientale e dell’Arabia Saudita. (In realtà, vi sono solo forze ribelli Houthi che hanno qualche collegamento con il grande paese sciita, che si trova a centinaia di km a est). L’affermazione – ridicola, ma anche inquietante – è arrivata dopo che un’altra nave commerciale straniera è stata dirottata, giovedì, dalle forze Houthi – o iraniane – a sud-est dello Yemen: questa volta, secondo quanto riferito, hanno catturato una nave battente bandiera di Hong Kong. Giovedì sera il primo ministro Netanyahu ha incontrato in Israele il consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca, Jake Sullivan, il quale, secondo quanto riferito, ha affermato che gli Stati Uniti sosterranno Israele, se quest’ultimo avrà bisogno di affrontare Hezbollah, con maggiore forza, in Libano. Ma ha anche chiesto all’IDF di diminuire l’intensità dei combattimenti nella Striscia di Gaza. Ciò è avvenuto quando il NY Times ha riferito che l’amministrazione Biden sta chiedendo ai leader israeliani di concludere la loro campagna militare, volta alla distruzione di Hamas e alla liberazione degli ostaggi rimanenti, entro la fine di dicembre. All’inizio di questa settimana, il presidente Biden ha detto ai donatori del Partito Democratico che Israele deve fermare i suoi “bombardamenti indiscriminati” nella zona costiera palestinese. Ha anche richiesto un nuovo governo, che sostituisca gli attuali leader di destra di Israele con altri più “moderati” – come se la Casa Bianca avesse il diritto di fare un simile appello al suo alleato di lunga data, compagno della democrazia, che e’ stato selvaggiamente attaccato. Gli analisti militari affermano che la pressione dell’amministrazione Biden sui leader israeliani – volta a spingerli a concludere la guerra anzitempo – non farà altro che incoraggiare l’Iran ad intensificare l’incendio, non a spegnerlo. Ho parlato ieri sera con un amico americano-israeliano di lunga data, ora in pensione, che ha prestato servizio come poliziotto a Gerusalemme e poi come negoziatore senior di ostaggi nei conflitti precedenti. Mi ha detto che l’IDF certamente NON sta attaccando alcun obiettivo “in modo indiscriminato” – come ha stupidamente sostenuto Biden – ma che calcola invece, molto attentamente, quando e dove colpire. I combattenti di Hamas e della Jihad islamica, invece, attaccano spesso da luoghi inaspettati. Ciò scatena i necessari contrattacchi, che portano anche all’uccisione degli “scudi umani” civili. Mi ha detto inoltre che secondo stime dell’IDF i civili morti finora nel corso del conflitto ammonterebbero a qualche migliaio, non a 20.000 come dichiarato da Hamas.
Alla fine, sono bastati solo due mesi a Joe Biden & co. per passare dal pieno appoggio ad Israele nella sua lotta per la sopravvivenza, alla richiesta di un prematuro cessate il fuoco, che porterebbe solo ad un’altra guerra più avanti. Continuiamo a pregare per la shalom di Gerusalemme in questi giorni cosi’ bui.

Traduzione di Monica Tamagnini