di Redazione
“Era più antico di quanto non pensassi. Ho preso quell’astrolabio in mano e l’ho avvicinato alla finestra. Lì ho avuto l’impressione che accanto alle scritte in arabo ci fossero strane scalfitture, poco più che graffi. Erano caratteri ebraici, aggiunti in un secondo momento. Accanto a loro sono comparsi anche dei caratteri latini: i numeri arabi che usiamo anche noi oggi”. Così la storica Federica Gigante dell’Università di Cambridge spiega al Times of Israel come sono scaturiti i suoi studi e le sue analisi sul raro astrolabio islamico dell’XI secolo costruito nella Spagna medievale e oggi conservato a Verona dalla Fondazione Museo Miniscalchi-Erizzo. Studi e analisi che sono stati in questi giorni riportati su varie testate del mondo.
“Da tempo cercavo uno studioso in grado di comprendere appieno il valore di questo strumento – racconta al Corriere della Sera la direttrice del Museo Miniscalchi-Erizzo Giovanna Residori – la cui foto nel 2020 è stata caricata sul nostro sito. È così che la storica Federica Gigante dell’Università di Cambridge, in Gran Bretagna, ci si è imbattuta: giunta a Verona per studiare da vicino l’astrolabio, ne ha notato la particolarità. Oltre ad essere uno tra i più antichi esemplari, vi sono incise parole della lingua araba e di quella ebraica, oltre a numeri occidentali: di origine islamica, passato di mano tra più proprietari, lo strumento, di supporto ai viaggiatori a cui forniva informazioni sulle stelle, sulle distanze e sul tempo, finì per essere decifrabile in più lingue, giungendo infine nella comunità ebraica veronese, testimone della ricchezza di scambi tra arabi, ebrei e cristiani. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista scientifica Nuncius e da lì ha preso il volo». Continua a leggere su mosaico