Cosa succede quando il popolo perde la fiducia nei suoi leader? Come Core e il suo clan fecero con Mosè, e come fa oggi una parte del popolo con Bibi.

di Aviel Schneider
GERUSALEMME – Il post di un riservista israeliano, Bar Sadeh, che mia figlia mi ha inviato, mi ha toccato profondamente. È uno dei tanti post che sono diventati virali nelle reti e nei media israeliani nelle ultime settimane e mesi. I soldati parlano dal profondo dei loro cuori. Giovani che hanno combattuto a Gaza per mesi e che sono pronti a sacrificare la loro vita per il loro popolo. Giovani che hanno già perso molto, ma non vogliono arrendersi. Ma ciò che li ferisce di più è l’entroterra: il popolo e i suoi leader. Israele è in guerra e la gente, i media e i politici si azzuffano mentre i soldati difendono la biblica patria. A dire il vero, è semplicemente incredibile. Tra amici parliamo spesso di questa situazione e delle difficoltà in cui siamo caduti di nuovo tutti. Come è possibile che all’ombra della guerra non riusciamo ad unirci e a mettere da parte le nostre proteste e i nostri disaccordi? Forse perché, come nella storia di Core contro Mosè e Aaronne, tutto il popolo è santo. “Tutta la comunità è ovunque santa e il Signore è in mezzo a loro! Perché vi innalzate sulla comunità del Signore?”
Come Mosè e Aaronne, anche Core apparteneva alla tribù di Levi e ha costituito, per così dire, la prima opposizione tra il popolo d’Israele. Core si disse: “Se Dio dichiara che tutto il popolo è una nazione santa, chi dà a Mosè il diritto democratico di guidare il popolo? Insieme a Datan e Abiram, guidò la prima rivolta politica contro Mosè e Aronne, e a questo scopo scelse 250 uomini tra il popolo, capi della comunità, leader dell’assemblea, uomini rispettati. Perché Datan e Abiram erano così importanti per Core nella sua coalizione contro il partito levita? Perché entrambi provenivano dalla tribù di Ruben, il primogenito di Giacobbe. I discendenti hanno sempre avuto un peso maggiore nella famiglia, nella tribù e nel popolo, e Core voleva sfruttarlo politicamente. Forse erano anche gelosi dell’influenza dei figli di Levi. Pensavano che Mosè fosse l’unico a voler governare su di loro. Questo è ingiusto. Dal loro punto di vista, Mosè è come un dittatore sacerdotale e politico. Esatto, un dittatore scelto da Dio.
Anche l’attuale capo del governo israeliano, Benjamin Netanyahu, è visto come un dittatore da molti cittadini. È stato eletto dagli israeliani con elezioni democratiche. E questo ad alcuni non piace, così come non piaceva ad alcuni abitanti del deserto il fatto che fosse sempre Mosè a decidere tutto. C’è sempre malcontento dove la gente vive, e questo si manifesta più del solito in particolari momenti. Anche se nel paese oggi non c’è il sacerdozio, la divisione politica tra il popolo è una conseguenza della visione spirituale del mondo. Una parte della popolazione oggi ha perso la fiducia in Bibi e non crede che egli voglia davvero solo il meglio per il suo popolo, che prima o poi porrà fine alla guerra e che accetterà un accordo con gli ostaggi. Dal loro punto di vista, Bibi sta governando solo per sopravvivere politicamente – fiducia zero. E questo porta a una profonda divisione tra la gente.
Anche gli avversari di Mosè hanno perso la fiducia nel loro leader. E di cosa accusano Mosè? “Non stai facendo abbastanza per condurci nella terra in cui scorrono latte e miele. Tu ci vuoi far morire tutti nel deserto. Vuoi governare su di noi?”. Poi continua cinicamente: “Ottimo, ci hai proprio condotto in una terra dove scorrono latte e miele! E ci hai dato campi e vigne in eredità! E adesso vuoi chiuderci gli occhi? Non arriveremo a destinazione!”. Dal loro punto di vista, Mosè governa soltanto per sopravvivere politicamente: fiducia zero.
Alla fine Core e il suo partito, la comunità, persero. “Allora la terra si squarciò sotto di loro. La terra aprì la sua bocca e li inghiottì, insieme alle loro case e a tutte le persone che erano con Core e a tutti i loro beni”. Posso ben immaginare che il primo ministro israeliano avrebbe voluto una soluzione simile per sbarazzarsi dei suoi avversari politici tra il popolo.
Non credo che si possa paragonare Mosè con Bibi, ma si può paragonare l’incidente biblico con quello politico, perché è un sintomo del popolo d’Israele che si ripete continuamente. Chi ne soffre è in ultima analisi il popolo, sia a quel tempo sulla via del deserto verso la Terra Promessa, sia oggi dentro la Terra Promessa. Nelle conversazioni con i miei figli, con amici e colleghi negli ultimi mesi continuo a ricordare che abbiamo il privilegio di vivere nella Terra Promessa. In tutta la storia del popolo d’Israele degli ultimi 3.500 anni, il popolo ebraico ha vissuto per oltre il 90% del tempo soltanto in diaspora, cioè per 3.200 anni il popolo d’Israele è stato disperso in esilio. Ora sono 76 anni che viviamo sotto il governo ebraico nella biblica patria. Questo è sempre stato qualcosa di raro nella storia biblica ed ebraica. E nonostante tutti i disaccordi politici, dobbiamo con fermezza tenerlo stretto per non perderlo di nuovo.
È in questo contesto che ho deciso di tradurre la lettera di Bar Sadeh, che riassume la nostra situazione. Se non siamo uniti come popolo, forse la terra non si spaccherà di nuovo, ma ci sono abbastanza modi per punire il popolo.

Messaggio di Bar Sadeh:

«Ho perso me stesso. Sono cambiato, spento, il dolore ha sopraffatto la mia voglia di vivere e mi sento a pezzi. Lo vedo nei miei occhi e mi fa male. Non ho scelto questa guerra, ma non me ne pento, sono grato.
Quel giorno ero pronto a fare qualsiasi cosa per riportare a casa un altro bambino, una donna, un cittadino, anche se io stesso non sarei tornato. Continua a leggere su NsI