Secondo uno studio dell’Università di Haifa, oltre il 66% degli israeliani che vivono all’estero soffre di disturbo post-traumatico da stress, con gli intervistati in Italia e nel Regno Unito che sono i più colpiti.

Due israeliani su tre che vivono all’estero hanno sofferto di sintomi di disturbo post-traumatico da stress (PTSD) nei due mesi successivi allo scoppio della guerra contro Hamas nella Striscia di Gaza, secondo uno studio pubblicato martedì dall’Università di Haifa.
Secondo lo studio, redatto dai dottori Yael Mayer e Yael Enav, più del 66% degli israeliani che vivono all’estero soffre di stress post-traumatico, con gli intervistati in Italia e nel Regno Unito che soffrono maggiormente di ansia.
Alla domanda sulle ragioni della loro ansia, il 43% degli intervistati ha dichiarato di essere preoccupato per il benessere dei propri parenti in Israele che hanno prestato servizio nell’IDF, mentre il 33% si è detto preoccupato per la propria famiglia in generale.
Altri studi citati dagli autori mostrano che le cifre sono molto più basse per gli israeliani che vivono nel Paese. Qui, rispettivamente, solo il 15% e il 35% ha dichiarato di aver accusato sintomi di disturbo da stress post-traumatico dopo il 7 ottobre.
Lo studio ha anche rilevato che il 91% degli israeliani residenti all’estero si è trovato di fronte a dichiarazioni anti-israeliane e antisemite nei due mesi successivi al 7 ottobre. Il 66% ha dichiarato di aver avuto paura di recarsi in alcuni luoghi riconoscibili come ebraici o israeliani. Il 56% ha dichiarato di temere per la propria sicurezza e per quella dei propri figli e il 40% ha affermato di sentirsi insicuro a scuola o al lavoro a causa della propria identità israeliana.
“Il nostro studio dimostra che molti israeliani che vivono all’estero provano una serie di sentimenti complessi legati agli eventi del 7 ottobre e alle loro conseguenze, e molti di loro riferiscono alti livelli di traumatizzazione che superano persino alcuni dati di studi condotti su israeliani nel Paese”, hanno dichiarato gli autori dello studio.
Lo studio, condotto due mesi dopo l’inizio della guerra e che ha coinvolto 506 persone, non ha riportato un margine di errore. (JNS) Continua a leggere su NsI