Golda Meir, ex Primo Ministro di Israele, si divertiva con i suoi visitatori a mostrare la sua carta di identità palestinese, datale dal Mandato Britannico, e a chiedere ad Arafat di fare altrettanto…
La Palestina è comparsa nella storia moderna nel 1919 con la creazione da parte della Lega delle Nazioni (il precursore delle Nazioni Unite) del Mandato Britannico sulla Palestina al fine di trasformarla in “un focolare nazionale per il popolo ebraico”. Prima era un territorio diviso in tre province o Vilayet dell’Impero Ottomano. La sua popolazione era composta da arabi musulmani, arabi cristiani, beduini, drusi, circassi, armeni greco ortodossi, e ebrei.
Per decisione degli inglesi il nome del territorio da loro amministrato era Palestina, poiché il termine Giudea, suo nome storico, aveva connotazioni troppo ebraiche e d’altra parte non c’era a disposizione nessun nome arabo per indicare quel luogo.
Per gli arabi la terra che divenne nota come Palestina faceva parte della Siria, e comprendeva il Libano e Giordania di oggi. Così, fino al 1917 niente distingueva la Palestina dalla Siria: né bandiera, né nomi, né lingua, né etnia, né altro. Fino al 1948 gli arabi rifiutavano il nome Palestina, perché per loro simboleggiava il Mandato Britannico, e quindi il “focolare nazionale ebraico”. Sfido chiunque a trovarmi un solo gruppo politico arabo che abbia nella sua denominazione la parola “Palestina” prima del 1948.
E’ soltanto dopo il 1948, quando Ben Gurion scelse per lo Stato ebraico il nome “Israele” (non scelse il nome “Giudea” perché Ben Gurion era profondamente laico e socialista, e non mantenne il nome “Palestina” perché non è un termine ebraico ed è il nome di una provincia romana), che gli arabi di Palestina si impossessarono di questo nome che era stato lasciato libero. I palestinesi sono arabi di Palestina che appartengono alla nazione araba e sognano una Palestina araba che sia l’avanguardia di una totalità che riunisca l’intera nazione araba.Continua su NdI