Un minuto di silenzio è una comunità che si ferma per render tributo a una grande personalità, recentemente scomparsa, che con la sua opera ha portato un contributo in un settore della società.

Insomma lo si dedica a chi ha contribuito a rendere grande la nostra Nazione.
E allora cosa ha fatto di così grande Hassan Nasrallah per meritare un minuto di silenzio ieri a Milano in apertura della consueta e stantia manifestazione pro palestinese?

Perché Nasrallah era un terrorista a capo di una frangia terrorista. Niente di più, niente di meno, certamente niente di grande. E allora che cosa spinge dei manifestanti a osannare un leader terrorista?

Tanto per essere più specifici Nasrallah era il leader incontrastato da 32 anni del Partito di Dio, organizzazione terrorista in terra libanese; era la mente che (non) si cela dietro i continui attacchi a Israele provenienti dal Libano oramai da mesi.

Era la mente che si apprestava a replicare un altro 7 Ottobre. Insomma uno con cui le persone normali non vorrebbero nemmeno prenderci un caffè.
E invece molti non solo ci prenderebbero un caffè ma lo elevano a martire della resistenza libanese contro l’occupazione sionista(Sic!)

Lecito domandarsi come un soggetto di tal fatta riscuota così tanto credito in Occidente non solo dal popolino ma persino da parte della sinistra politica.
E non da ora dal momento che Massimo D’Alema addirittura qualche decennio fa ci camminava a braccetto per le strade di Beirut e persino un Ministro della Giustizia si è recato presso la residenza del falso resistente ( a fare che non si sa).

Evidentemente per quanto Hezbollah sia considerata dalla comunità internazionale una organizzazione terroristica, a sinistra ha una certa nomea positiva che ne vorrebbe enfatizzare la natura resistenziale omettendone quella terroristica.

Oggi come ieri quel mondo fa fatica a prendere le distanze da presunti Che Guevara de noantri; da un modello che affascina, quello del guerriero solitario contro l ingiustizia. Ma Nasrallah non è Guevara. Non combatte alcuna ingiustizia, alcun capitalismo imperialista.
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